XI – Facendo vela dalle Colonne d’Ercole, navigammo verso Ovest per dodici giorni, sempre lungo la costa abitata da selvaggi vestiti di pelli, i quali ci gettarono delle pietre e ci cacciarono via impedendoci di sbarcare.
XII – Navigammo quindi intorno ad alte montagne, su cui crescevano alberi dal legno profumato e screziato, e arrivammo ad un immenso golfo circondato ai due lati da grandi pianure.
XIII – Qui si levò ben presto una gran tempesta che fece urlare i marinai. Il mare incuteva terrore solo a guardarlo e, avendo io dato piglio al calamus, l’onda mi bagnava persino la carta. Tutto l’Universo pareva averci voltato le spalle. Ma quando un dio è avverso, ce n’è sempre un altro che corre in aiuto e, seppur dopo aver squarciato molte vele, infine la tempesta cessò.
XIV – Dopo esserci riforniti, proseguimmo per cinque giorni fino a quando arrivammo ad una baia. In questa baia c’era una grande isola che i nostri interpreti chiamarono Fortunata, e nell’isola un lago d’acqua salata ove finalmente approdammo. Or, siccome quel ch’è destinato avviene, con immensa soddisfazione d’animo ritrovammo alcuni compagni che avevamo già dati per dispersi nei vortici di quei mari perigliosi.
Non continuammo perciò la spedizione, anche perché le provviste erano finite.
(L’approdo – dal giornale di bordo di Pim, il marinaio)