Siamo alle solite. Periodicamente i giornalisti istigano polemiche sugli atleti a proposito dell’Inno di Mameli, subito sfruttate dai politici. A me non pare così grave che Plankensteiner lo ignori, perché non ritengo rappresenti un’irrinunciabile patente d’italianità. E ho trovato francamente sgradevole che si pretendesse da lui un’esibizione riparatrice. Allo stesso modo, non mi sembra indispensabile che i calciatori siano tenuti a stonarlo con la mano sul cuore e l’occhio perduto nel vuoto. Sì, nel caso dello slittinista entra in gioco l’appartenenza all’etnia sudtirolese, la quale è da sempre fonte di rigurgiti separatisti. Però è chiaro che qualcuno cerca di strumentalizzare la questione.
Ci avviciniamo alle elezioni, e certa Destra non riesce proprio a trattenersi. Va bene, dico io, siamo italiani. Ma non è necessario sottolinearlo ad ogni piè sospinto. Non ci perdiamo in inutili tautologie. L’abbiamo ben presente ogni volta che una qualunque statistica ci piazza invariabilmente agli ultimi posti tra i Paesi dell’Unione Europea. Ce l’ha ricordato persino Calderoli con il suo show…