Le quattro e mezza del pomeriggio. Una luce gelida filtra da chiazze di cielo sparse tra le nuvole. Decido di non rientrare subito a casa. Mi sento avvilito, a causa di una discussione dai toni accesi alla quale, presumo, ne seguiranno presto altre. Cambio direzione, e mi avvio verso Castelnuovo Don Bosco. Sono anni che non passo più da quelle parti. Ci andavo la domenica con i miei, quand’ero piccolo. La messa in basilica, poi una corsa nel piazzale asfaltato, la casa del santo ai Becchi, il profumo dell’erba appena tagliata, i tavolini per il picnic nei prati. Da lì, proseguo per ***. Appena pochi chilometri. Non ricordo d’esserci mai stato prima d’ora. È un piccolo borgo di campagna arroccato su di un bricco, da cui svetta il campanile in mattoni della chiesa parrocchiale.
Il sole tramonta dietro i poggi imbiancati di neve recente. Una calma leggera si posa sui rami scheletriti dell’anima. Rivolgo un pensiero alla tua amica che riposa nel cimitero del paese. E a te. Se fossi qui, ti racconterei di queste terre di santi e di vini – come recitano i cartelli toponomastici. Per un momento, ho persino l’idea di chiamarti sul cellulare dicendo sono dove non immagini. Poi, indeciso, desisto. La tua presenza invisibile, però, schiarisce il fluire randagio delle inquietudini.
(Marzo 2005)