La luce dei fari taglia obliqua le strade tenebrose di una notte provinciale, rovesciata tra le colline del Monferrato e la pianura del Po. La luna, tonda e stanca, ha sbadigliato e ha deciso di rimboccarsi la trapunta di stelle. Guido spedito, ma a spingere sul pedale dell’acceleratore non è la fretta di tornare. Immagino invece di essere appena partito per un viaggio, uno di quelli che inizia alla fine dell’oscurità, quando si va con il cuore leggero e la mente pulita. Immagino di essere in viaggio verso te.
Vedo davanti a me snodarsi l’autostrada, succedersi le luci degli autogrill, vedo i tir da superare, i profili dei viadotti, le mani sul volante, il cruscotto con i comandi. E poi l’uscita, uno svincolo, la statale, l’aurora, una città che si avvicina. Ed io che percorro rapido vie ed incroci, condotto dalle pulsazioni sempre più forti.
Mi fermo presso un portone. Scendo dall’auto e mi avvicino. Uno scatto nel silenzio e la serratura si apre. Ancora alcuni passi, ed improvvisamente tu, vestita di chiaro, i capelli sciolti, il sorriso radioso. Pronuncio il tuo nome, tu pronunci il mio. Un sospiro. Mi abbracci, ti abbraccio. Lungamente, teneramente. Un profumo delicato mi avvolge e m’inebria. I nostri respiri fluiscono spezzati dall’emozione. Gli occhi si sfiorano. Un bacio. Forse una lacrima. Ci siamo ritrovati. Com’era destino.
Anche se fosse soltanto un sogno, vorrei viverlo con te.
(23 aprile 2005)