Perché Vincenzo Mollica recensisce con accenti sempre così entusiastici tutto ciò che percepisce? Perché si eccita tanto per ogni film – che sia di Massimo Ceccherini o di Woody Allen? Perché si scalda tanto per ogni disco – degli U2 come di Rosalinda Celentano?
Per carità: con la sua incontenibile logorrea, con i suoi sproloqui enfatici, Mollica può apparire persino simpatico. Sarà per l’infervoramento quasi infantile, per la baldanzosa cicciosità. Fatto sta però che certi toni accesi, sempre sopra le righe, finiscono per stancare.
Come spiegare tale atteggiamento? Personalmente propendo per quattro ipotesi: 1) Vincenzo Mollica apprezza di default qualunque espressione artistica. 2) Lo fa per contratto. 3) Perché non capisce nulla (di professione fa il domatore di pulci) e per non sbagliarsi esalta qualunque mezza calzetta gli passi sotto il naso. 4) Poiché non possiede alcun talento e quindi si impossessa sistematicamente di quello altrui. Non sapendo tuttavia riconoscerlo con precisione critica, si guarda bene dall’operare distinzioni tra chi ne ha e chi no. Così facendo si ritaglia un posticino sull’altare dell’artista (o presunto tale) che egli stesso costruisce. E ne riesce soddisfatto.