Si era al giro di boa degli anni ’80, e, dopo un decennio invero plumbeo, frullava per l’aria una vaga frenesia. Il craxismo ci stava servendo la Milano da bere, un oscuro palazzinaro cominciava ad acquisire televisioni locali, nuovi campioni della finanza rampavano su copertine patinate. E, contro ogni pronostico, vincevamo persino i mondiali di calcio. Anch’io, palla al piede, m’involavo verso il futuro lungo la linea laterale di un campetto di periferia. Appena qualche affanno – le versioni di greco lasciate a metà, i problemi irrisolti di trigonometria. La vita filava via spensierata verso direzioni che parevano allettanti, ancor tutte da scoprire.
In quel periodo, nelle radio libere, swingava una canzoncina dall’aria rétro attraversata da una sottile vena parodistica. Bimba se sapessi che monotonia / Tutte quelle balle sulla fantasia / Guarda che mestiere che mi tocca fare / Solo per riuscire a galleggiare in questo pazzo mare… Era anche la sigla di un programma intitolato “Testa di Sigaro”, in onda tutti i giorni sulle frequenze di Radio Gemini One. A condurlo c’era un vispo e sconosciuto Piero Chiambretti, il quale si dilettava a ordire scherzi telefonici di vario gusto. Quell’ottimismo di facciata, che presto mostrò i denti dell’arroganza, durò il tempo di una stagione. Capimmo solamente più tardi quanto ci era costato il mito del guadagno facile. Il campo da calcio è diventato un posteggio, e la vita mi ha riservato ben altre partite da giocare. Appesa al filo della memoria rimane, oggi come ieri, quell’effervescente canzoncina. Rimane anche il palazzinaro, ma questa è un’altra storia.