Al cinema detesto fare la fila davanti alla cassa, quando la gente si accalca intorno a me vociante e sudaticcia come fossimo a Calcutta o a Bombay.
Detesto gli spettatori che arrivano in ritardo, quando le luci della sala sono già spente e transitano come buoi davanti allo schermo mentre scorrono i titoli.
Detesto gli spettatori che arrivano in ritardo, quando le luci della sala sono già spente, transitano come buoi sui miei piedi e si accomodano nell’unico posto rimasto libero: quello al mio fianco, sul quale avevo appoggiato comodamente il cappotto o la giacca.
Detesto quegli spilungoni che, tra tutti gli spettatori, scelgono proprio me per oscurare con i loro capoccioni le immagini sullo schermo (torcicollo garantito).
Detesto quelli che commentano il film ad alta voce proferendo inenarrabili idiozie.
Detesto quelli che ridono per una battuta che non fa ridere o – peggio – quando proprio non c’è niente da ridere.
Detesto quelli che, durante la proiezione, scartano rumorosamente le caramelle, mangiucchiano popcorn, bevono facendo il risucchio. Il cinema non è un bar, ma sembra non capiscano la differenza.
Detesto quelli che, al termine della proiezione, affermano con tono cattedratico che non si tratta del miglior film del regista in questione.
Detesto quelli che, al termine della proiezione, affermano con tono cattedratico che il regista in questione è sopravvalutato / sottovalutato (DA CHI?).
Detesto quelli che, al termine della proiezione, confessano di non ricordare né il nome del regista né quello di altri suoi film (“In questo momento non mi viene in mente…”).
Detesto quelli che, al temine della proiezione, sostengono che il film era bello ma troppo lungo (e mai il contrario).
Detesto quelli che sostengono invariabilmente che il libro è migliore del film – anche se non hanno letto il libro e ne hanno solo sentito parlare.
Detesto quelli che non sanno pronunciare il nome corretto degli attori e dicono Tom Crùis, Riciard Gir, Chàbrol, Ròmer, Almódovar o Almodovár (a scelta).
Detesto i critici di Destra che, anteponendo pretesti ideologici, dicono peste e corna dei film girati da registi di Sinistra – il povero Citto Maselli su tutti.
Detesto i critici di Sinistra per le stesse ragioni – sebbene su Pasquale Squitieri abbiano pienamente ragione.
Detesto quelli che dichiarano di non aver capito il messaggio (suppongo siano telegrafisti).
Detesto quelli che dichiarano che nel film gli attori dicevano troppe parolacce.
Detesto quelli che dichiarano che nel film c’erano troppe scene di sesso.
Detesto quelli che dichiarano che nel film c’erano, sì, troppe scene di sesso ma comunque giustificate dalla trama.
Detesto quelli che al cinema vanno perché il film “fa riderissimo”.
Detesto quelli che al cinema non vanno perché “tanto tra un anno lo danno in tivù”.
Detesto quelli che, a metà proiezione, si alzano e se ne vanno. Transitando naturalmente come buoi davanti allo schermo mentre scorrono le immagini. E magari si tratta dello spilungone di prima.
Detesto quei cinema (ce ne sono ancora) nei quali, a metà proiezione, si riaccendono le luci in sala e come d’incanto si materializzano venditori di granaglie e bibite gassate.
Detesto quelli che vogliono a tutti i costi spiegarmi il significato recondito del film, come se loro fossero i direttori dei Cahiers e io un Neanderthal.
Detesto quelli che si esprimono come Enrico Ghezzi ma che, contrariamente a Enrico Ghezzi, non hanno la minima idea di ciò che stanno dicendo e ci credono pure.
Detesto quelli che si improvvisano critici e citano a memoria il Mereghetti. Anche perché lo faccio già io.
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