Le cose erano successe. Già. James Pim fissò Loulou. Non aveva sbadigliato neppure una volta. Buon segno, pensò. “Vuoi bere qualcosa? Nel frigobar tengo del Verdicchio”. “Pisciazza”, inorridì lei. “Preparami piuttosto un Negroni”. “Urgh, vuoi del salame a quest’ora?”. “Intendevo il cocktail, sveglione! E con una spruzzata di seltz”. Pim andò nell’altra stanza. Un tempo era lui a pretendere che i drink fossero così e cosà. Si guardò allo specchio. Durante l’ultima missione in Iraq, gli americani l’avevano conciato da sbatter via. Blue fire, fuoco amico. Begli amici che si sceglie Her Gracious Majesty. Se l’era cavata per un pelo. Con tutti i punti che gli avevano dato avrebbe potuto vincere la Premiership per due o tre anni di fila. Sul tavolo notò un telegramma. Sbirciò. “Due cose ti devo; stop; una risata ed un cattivo pensiero sul tuo capo; stop”. Gli scrocchiarono le vertebre. Decrittava i messaggi di Verdoux sin dai vecchi tempi del circolo Kataweb, tutti quei dannati puntievirgola. Ma questa volta il testo era oscuro come la Saint Patrick’s Cathedral. Dunque Lou e Monsieur si tenevano in contatto. “Bene, bene”.
James Pim sentì la fredda canna di una calibro trentotto premergli alla tempia. Loulou gli stava alle spalle canticchiando Kalinka. Aveva l’aria più pericolosa del solito. “Cercavo qualcosa da mettere sotto i denti. Ma qui ci sono solo asparagi selvatici. Dovresti tenerli lontani dalla roba da mangiare”. “Solo per questa battuta dovrei prepararti un cervellino fritto impanato. Il tuo”. “Non vado mai ai funerali, e penso che non verrò neanche al mio”. Con un’abile mossa di ju-jitsu Pim fece volare in aria l’arma e immobilizzò Loulou torcendole il braccio. “Scusami bellezza, di solito non tratto così le pupe. Ma è che detesto Kalinka”. Quindi la legò al letto con il cavo del televisore e rapidamente uscì dalla stanza. Solo allora si rese conto che era nudo. Però aveva pur sempre con sé la sua arma preferita.
(2, continua)