L’umidità si condensa in microscopiche goccioline che si depositano sul parabrezza.
La coda si perde dietro la curva, dove uno stupido semaforo vernicia di rosso l’asfalto.
Sbadiglio, e i pensieri sbandano tra i tubi di scappamento e la collina annebbiata.
A cosa serve imparare le poesie, chiedevo a mia madre ogni volta che la maestra elementare me ne propinava una.
A esercitare la memoria, mi rispondeva invariabilmente lei. Per quel che mi riguarda, però, non credo sia servito a molto.
L’unica che ricordo è San Martino – chissà perché.
Comincio allora a declamarla con tono aulico alla Gassman, e la termino con la vocetta stridula del vecchietto sdentato dei vecchi western.
Rido da solo per questo improvvisato numero comico, incurante degli sguardi perplessi di cui mi degnano gli altri automobilisti…
La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor de i vini
l'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.
(G. Carducci)