segui la linea diritta dei binari come fosse una partitura, note infilate l’una dietro l’altra, un ritmo da seguire, attraverso stazioni dal nome che scorre veloce, passaggi a livello incustoditi o distratti, per ampie distese d’erba e acquitrini, città che si sovrappongono mute, non vuoi perderti nulla, e se sogni lo fai fissando il cielo, un cielo dopo l’altro, ingannando il tempo e i muscoli indolenziti, tutto per non ritornare a quelle parole indispensabili dette troppo in fretta sulla banchina, ai baci rubati tra la folla mentre il mondo intorno si svolgeva e tu ti sospendevi con me nella turbolenza delle palpitazioni, il distacco dall’abbraccio ormai incombente, la sensazione di essere già distanti, già troppo lontani, allontanarsi senza più salutarsi, correndo via per non vedersi diventare piccoli, sempre più piccoli, alla fine svanire in uno sbuffo di fumo, eppure, eppure conservare intatta la certezza che il nostro viaggio nel viaggio continuerà, domani, un altro giorno, dopo, ancora e poi ancora, senza soste né riposo, sino a quando gli occhi non si stupiranno più di guardarsi
(8 maggio 2007)