strizzo gli occhi per mettere nel fuoco la tazzina davanti (niente zucchero, come al solito), il neon, la stanchezza, l’alluminio anodizzato, il dolore trattenuto nel sacco lacrimale, c’è qualche fotogramma da scartare, ma devo concentrarmi su queste immagini e proseguire, e poi è inutile tirarla per le lunghe, penso d’essere stato troppo felice, ora è tempo di ricredersi, in fondo cos’ha poi deciso, era la scelta più ovvia, l’avrei impostato anch’io così il discorso, è stata brava – persino troppo – inutile chiosare (sorrido affilato come un cane magro: venduto!), mi vedo dietro le spalle della giuria che annuisce e sono costretto a distogliere lo sguardo, massì, massì, finiamola qui, ho solo scritto di cose che non avevo mai sentito (e dire che sarei grande per certe fantasie), basta, mi levo dai coglioni, devo ancora fare delle telefonate e stasera c’è il concerto – scarpe di vernice nera