L’ho capito attraverso te. La verità non è mai una sola, e ha infinite sfaccettature in rapporto al vissuto individuale. È possibile sostenere due tesi differenti, entrambe vere. Il problema non è giudicare, condannare o assolvere. Il problema è capire. E allora, il saper tacere e ascoltare hanno una grande importanza. Troppe volte non si presta attenzione a quanto l’altro dice, ma ci si concentra su ciò che pensiamo voglia dire. Recepiamo appena qualche spezzone di frase e subito lo interpretiamo secondo le nostre categorie mentali. In altri casi tendiamo a dominare il colloquio, impedendo all’interlocutore di esprimere le proprie riflessioni; spesso non lo lasciamo andare oltre le prime fasi di un ragionamento, interrompendolo dopo poco con evidente impazienza.
Il silenzio è una scelta difficile. L’ascolto attivo comporta un coinvolgimento instancabile, un riordino costante di quanto ci viene comunicato e una sua elaborazione per costruire le risposte. Non è facile essere davvero presenti, attenti, ricettivi, senza incorrere nel rischio di alterare o, peggio, di mutare senso alle argomentazioni. Non dobbiamo perciò metterci al centro di tutto ciò che avvertiamo. La percezione di ciò che accade intorno a noi non è che la proiezione del nostro stato d’animo in quel momento.
Sovente le parole servono all’interlocutore per nascondersi, mascherarsi, mentire: anche in quei casi gli appartengono profondamente e vanno perciò accolte con benevolenza. Talvolta ci colpiscono, ci addolorano, è vero. Non sono però conseguenza di una cattiveria messa in atto nei nostri confronti, bensì della fragilità di fronte alle tensioni del vivere. Rappresentano più una reazione di difesa che di offesa. Perché occorre un atto sovrumano di fiducia per affidarsi completamente all’altro quando ci si sente deboli, scoperti, esposti. Se non le comprendiamo, se non diamo ad esse il valore che meritano, non giungeremo mai ad afferrare almeno una delle possibili verità che ci indicano.
(Per Lucia)