La ragazza è giovane. Ha negli occhi l’indeterminatezza del domani che le si stende davanti come una piazza deserta. Si è lasciata prendere, senza dire una parola, senza fare resistenza. Si è lasciata andare, come se non aspettasse altro. Mentre sul pavimento di legno la penetravo, avvolta nella sua mantella bianca, miagolava come una gatta. Neppure io mi sono levato la giacca da dosso. È successo così, all’improvviso, prima ancora di farmene un’idea. Forse anch’io non aspettavo altro. Altro che lei.
È stata la ragazza a condurmi in questo appartamento. Io ci sono venuto presumendo che sarebbe potuto capitare qualcosa. Non avevo del tutto chiare le sue intenzioni. Era una possibilità tra le tante. E si è realizzata. In fondo, che ne so io di lei. Forse l’ha chiesto in prestito per qualche ora ad un’amica. Oppure l’ha affittato per farsi gli affari propri. Di sicuro c’è che non è suo. Nulla dell’arredamento richiama la sua personalità. Tappeti, divani, tende, cineserie, quadri, cristalli. Eleganza altoborghese che non appartiene ai suoi modi spicci. Assolutamente. Fatto sta che adesso sono qui. Almeno per il momento. E capisco pure che il momento sarà breve. La provvisorietà della mia presenza appare inequivocabile. È come se me l’avesse detto, come se io avessi risposto che mi stava bene così.
Le persiane sono abbassate per metà, ma troppa luce inonda i nostri corpi stesi in terra. Sarebbe stato opportuno fare più penombra. Non c’entra la seminudità sfatta in cui ci troviamo. Non mi va di nascondere il naturale imbarazzo che prende due estranei che hanno appena scopato. E neppure di ascoltare quelle sciocchezze che vorrebbero colmare il disagio di non appartenersi. Meglio prenderne atto senza ipocrisia. Niente domande, nessuna risposta, spiegazioni che sarebbero solo menzogne. Perché cercare disperatamente un senso in ciò che non ne ha.
Ascolto il suo respiro confondersi col mio. Anche lei, è evidente, prova il medesimo turbamento. C’è una paradossale sintonia che riduce la distanza nella quale ci siamo reciprocamente confinati. Quasi in silenzio, senza guardarci, decidiamo di sprofondarci un'altra volta l’uno dentro l’altro. E lasciamo che il pomeriggio anneghi in questa molle stanchezza che attutisce i pensieri.