“Il saggista De Rougemont”, scrivo a Loulou, nom de plume di una cara amica, “afferma che l’amore, per essere un grande amore, dev’essere anche impossibile. E fa esempi tratti dalla tradizione letteraria: Tristano e Isotta, Abelardo e Eloisa, Lancillotto e Ginevra, Paolo e Francesca… Sulla falsariga, ho letto recentemente una dichiarazione di Fanny Ardant ai tempi in cui era legata a Truffaut: adoro le famiglie, ma per me l’amore deve rimanere clandestino, senza l’anello al dito”.
“L'amore ha una forza sovversiva”, mi risponde, “perché non può sottostare alle regole sociali, ha le sue radici nell'alchimia e i suoi rami protesi verso l'impossibile, come giustamente dice il saggista... e sono d'accordo anche con l’Ardant...”.
Parole vere e toccanti. Peccato che sovente la realtà sia un’altra. Replico: “Ho la sensazione che uomini e donne si dilettino a ragionar d'amore ma poi facciano troppi calcoli. E i calcoli non danno la felicità, provocano solo coliche”.