Stiro l’articolazione temporomandibolare in uno sbadiglio colossale. Chiudo gli occhi, distendo le gambe, eseguo alcune circonduzioni del collo. Getto infine uno sguardo sugli appunti che sto riordinando.
“La crisi. Momento difficoltoso dell’esistenza in cui avviene un cambiamento. Non è da considerarsi a priori un concetto negativo. I cambiamenti esterni provocano un rimaneggiamento della personalità interiore: l’individuo non deve solo sapersi difendere ma costruirsi, evolversi. Ogni evento è in questo senso strutturante. Vi sono crisi comuni e crisi individuali. Tra le prime c’è la crisi del periodo adolescenziale (non tutti gli adolescenti manifestano comunque disagio psichico), quella dovuta al matrimonio, alla maternità/paternità (in cui c’è un nuovo adattamento affettivo), all’invecchiamento (per soggetti che non accettano con serenità lo scorrere del tempo), alla menopausa, al pensionamento (dovuta al peggioramento della qualità della vita o alla perdita dello status sociale). Tra le seconde abbiamo ad esempio le crisi dovute a lutti, a difficoltà lavorative, a malattie importanti, ecc. Ad ogni modo: la valutazione dell’evento e la risposta ad esso sono variabili in base alla personalità. Considerare quindi la risonanza caso per caso”.
Smetto di leggere. E penso che, quando la tempesta si avvicina, c’è bisogno di un riparo sicuro.