Morte a Venezia, città inverosimile tra tutte.
Morte al centro storico fatiscente, ai palazzi funestati dai topi, ai miasmi di pesce marcio per calli e campielli, ai rii color brodo di cicoria, alle bricole spalmate di melma secolare.
Morte a Venezia e al suo chiaro di luna. All’atrabiliare com'è triste Venezia, alla suggestiva veduta del Ponte dei Sospiri, al decadentismo fasullo di tramonti e brume, al cupio dissolvi e al memento mori.
Morte a Venezia, ricovero per amanti senza fissa dimora, funestata da viaggi di nozze tuttocompreso e dalle orde vandaliche delle scolaresche.
Morte ai giapponesi in posa davanti agli obiettivi, morte ai piccioni diarroici di San Marco e ai lugubri mercanti di granoturco ogm.
Morte alle gondole in miniatura, alle maschere di carnevale, alle bambole di porcellana, alle sfere di vetro che sfarfallano neve finta e a tutto il kitsch nelle botteghe di Rialto.
Morte ai vaporetti che rigurgitano nel Canalasso, al gasolio che divora la laguna, alla calca sgomitante degli imbarchi, morte agli autobus in piazzale Roma, alle ciminiere del petrolchimico appese alle nubi per i fili dei fumi.
Morte all’acqua alta, ai forestieri che fingono divertimento e al molle disappunto dei negozianti intrappolati. Morte agli snob esposti come ruderi all’Harry’s Bar, ai camerieri che approfittano della cuccagna per chiedere conti da capogiro, alle barche corrose, ai gondolieri che sguaiano o sole mio, ai razzisti di bassa lega veneta.
Morte a Venezia, museo e discarica a cielo aperto, signoria imbragata da restauri infiniti, serenissima in bilico sul tempo, sprofonda nel torpore di un lussuoso degrado, si sostiene con la farsa stantia della regata storica.
Morte a Venezia e alla sua inutile mostra d'arte cinematografica. Morte al fiammante sottobosco politico che si liscia le piume ai buffet, alla crassa mondanità che si esibisce senza ritegno, ai forzati della caccia grossa al vip. Morte alle parole in libertà dei critici proni ad ogni cambio di potere, agli scandali montati da giornalisti analfabeti, ai paparazzi che tallonano famelici le divette televisive, al trantran delle stars che sbarcano al Lido, ai bodyguards, a giurie e giurati, ai leoni d’oro zucchino. Mentre nessuno fa qualcosa di concreto per salvare il nostro cinema che, come Venezia, affoga salmastro nell’indifferenza.
Già.
Venezia.
Che ci si vada in pellegrinaggio, una volta all'anno, come si va al camposanto.
Ultimi commenti