La vicenda comincia nella primavera del 1963. Pasolini, su commissione del produttore indipendente Gastone Ferrante, si mette al lavoro intorno ad un film intitolato La rabbia. L’idea è di realizzare, attraverso le immagini di repertorio fornite dai cinegiornali di Mondo Libero, un saggio che analizzi i fenomeni e i conflitti sociali e politici del mondo contemporaneo. Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall’angoscia, dalla paura della guerra, dalla guerra?, si domanda Pasolini. E sulle tracce visive inserisce un testo lirico che vibra di severa indignazione recitato dalle voci di Bassani e Guttuso.
Durante la fase di montaggio, Ferrante decide di neutralizzare questo esperimento affidandone una parte a Guareschi, secondo il più risaputo e prudente schema del "visto da Destra, visto da Sinistra". Pasolini reagisce, minaccia di stracciare il contratto, ma infine cede e rinuncia a proporre alcune sequenze del proprio materiale. Il film avrà comunque vita commerciale fugace: ritirato dopo appena due giorni di proiezione, non verrà più distribuito e finirà nel dimenticatoio.
Partendo dal testo del poeta e dalla collezione di Mondo Libero, Giuseppe Bertolucci e Tatti Sanguineti hanno azzardato un’"ipotesi di ricostruzione" che ne restituisse la fisionomia originale. Al termine di una lunga attività di ricerca e indagine, La rabbia di Pasolini è stato presentato in anteprima alla Mostra di Venezia come evento fuori concorso. Restaurato dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con Istituto Luce e Minerva RaroVideo, il film contiene il materiale inedito che fu scartato ed è arricchito da una sostanziosa appendice di approfondimento con due preziose interviste all’autore.
I funerali di De Gasperi, la guerra in Corea, l'intervento sovietico in Ungheria, l'indipendenza degli Stati africani, la liberazione di Cuba, l’arrivo a Ciampino di Ava Gardner, Sophia Loren nel Polesine, la televisione come strumento di controllo delle masse, l'incoronazione di Elisabetta II, l'elezione di Giovanni XXIII, un toccante inno a Marylin, l’impresa di Gagarin. Sulle note dell’Adagio di Albinoni Pasolini decide di non limitarsi a registrare l’attualità, bensì provoca e attacca. Lo stesso linguaggio poetico del testo serve come strumento di feroce polemica ideologica nei confronti del neocapitalismo, della borghesia e dei mass-media. La rabbia attesta la sofferta reattività di Pasolini al cambiamento della società italiana in corso tra gli anni ’50 e ’60: così come per le sue opere letterarie si ravvisano intuizioni lucidissime che potremmo definire profetiche. E rafforza al contempo l’immagine di un intellettuale alternativo, deviante, eretico a qualsiasi forma di ortodossia. I toni da comizio del commento, tuttavia, gravano eccessivamente sulle immagini e suonano, questi sì, anacronistici alle orecchie dello spettatore moderno.
La rabbia di Pasolini
di Giuseppe Bertolucci
documentario (Italia 2008, 83’)
Fuori concorso alla 65° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia
In programmazione al cinema F.lli Marx di Torino