Poi, in un momento qualsiasi – al fondo di una piazza affollata, dentro le sale silenziose di una mostra, immerso in un quadro – una variazione improvvisa di luce, la scia del profumo d’assenzio, ed ecco ancora, lì, come in un Monet – i cappelli, gli ombrellini parasole, le redingote –, Milano concede il sollievo di un ritaglio d’azzurro. Ed io mi stupisco come nessuno, neanche da così vicino, riesca a notare il segno impresso sulla tela, l’eco immobile della meraviglia che sboccia in primo piano, lo stesso calore liquido che si scioglie tra guance e labbra. Mi colpisce la facilità con cui si può dipingere il paesaggio d’un sogno, la consistenza pastosa dei colori, l’amalgama perfetto di passione e volontà. Tutto leggero, disteso, brillante. Qualsiasi cosa sia si allarga a macchia d’olio, senza chiaroscuri, da un punto imprecisato del vivere.
(Agosto 2008)