Scrive Marina nel suo blog Inezie essenziali: “Due giorni fa, in una lunga conversazione alla trasmissione Fahrenheit, Saviano ha descritto con grande amarezza la solitudine in cui è costretto a vivere e si è chiesto se ha sbagliato nello scrivere quel libro, così come lo ha scritto. Saviano ha detto di essere stanco, e di volere indietro la sua vita. Roberto Saviano ha solo 28 anni. Ieri a Fahrenheit è partita una lettura integrale del suo libro, sotto forma di staffetta. Gli ascoltatori della trasmissione telefonano e leggono, in onda, dieci righe del libro. Numerose altre iniziative stanno prendendo il via in tutta Italia, nelle librerie, nelle scuole, nelle piazze. Io ne propongo una modesta. Scriverò qui l'incipit del libro. Chiunque di voi lo voglia, potrà imitarmi, riportando qualche riga del libro sul suo blog, a sua volta invitando i suoi lettori a fare altrettanto sui loro”.
Io ho accettato questo invito, spero anche voi.
Quando arrivo vicino ai corpi prima delle autoambulanze e fisso gli ultimi momenti di vita di chi si sta accorgendo di morire, mi viene sempre in mente il finale di Cuore di tenebra, quando una donna chiede a Marlowe, ormai tornato in patria, dell'uomo che ha amato, chiede cos'ha detto Kurtz prima di morire. E Marlowe mente. Risponde che ha chiesto di lei, mentre in realtà non ha pronunciato nessuna parola dolce e nessun pensiero prezioso. Kurtz ha detto solo: «L'orrore». Si pensa che l'ultima parola pronunciata da un moribondo sia il suo pensiero ultimo, il più importante, quello fondamentale. Che si muoia pronunciando ciò per cui è valso la pena vivere. Non è così. Quando uno muore non viene fuori nulla, se non la paura. Tutti o quasi tutti ripetono la stessa frase, banale, semplice, immediata: «Non voglio morire». Facce che si sono sempre sovrapposte a quella di Kurtz, visi che esprimono lo strazio, lo schifo e il rifiuto di finire in modo orrendo, nel peggiore dei mondi possibili. Nell'orrore.
Dopo aver visto decine di morti ammazzati, imbrattati del loro sangue che si mescola allo sporco, esalanti odori nauseabondi, guardati con curiosità o indifferenza professionale, scansati come rifiuti pericolosi o commentati da urla convulse, ne ho ricavato una sola certezza, un pensiero tanto elementare che rasenta l'idiozia: la morte fa schifo.
(R. Saviano, Gomorra, Mondadori, pagg 113-114)