Lorna è una giovane albanese che, per ottenere la cittadinanza belga, ha sposato surrettiziamente un tossicodipendente. Con la complicità di un tassista italiano che combina matrimoni a scopo di lucro, si finge promessa sposa di un faccendiere russo il quale, a sua volta, ha bisogno di un passaporto. Lo scopo è di guadagnare abbastanza per aprire un bar insieme al fidanzato Sokol e il miraggio del denaro appare irresistibile. Ma qualcosa non gira per il verso giusto: Lorna, donna dura di gesti e temperamento, ha un sussulto morale e sceglie di fuggire il male che le è intorno.
I Dardenne proseguono nel proprio percorso artistico senza eccessive novità dal punto di vista del linguaggio formale, mantenendo una coerenza stilistica che ne garantisce l’immediata riconoscibilità. La forte sensibilità documentaristica si stempera tuttavia nella realizzazione di un racconto maggiormente compiuto rispetto ai precedenti lavori. Il loro cinema, come quello di Ken Loach, è politico nel senso migliore del termine: essi non intendono formulare alcuna tesi, bensì lasciano scaturire il dramma e la presa di coscienza attraverso le azioni dei personaggi, ripudiando qualunque meccanismo spettacolare. La lente della mdp indaga senza falsificazioni dentro la nostra civiltà, ne mostra il cinico materialismo, ossessione e dannazione dei diseredati, non preclude una speranza di riscatto.
Il matrimonio di Lorna (Le silence de Lorna)
di Jean-Pierre e Luc Dardenne
con Arta Dobroshi, Jérémie Renier, Fabrizio Rongione
(Francia/Gran Bretagna 2008, 105’)
In programmazione al cinema F.lli Marx di Torino