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Tutta una serie di archi su una piazza che richiama giorni perduti, quando le strade camminavano a piedi scalzi, e quella bottega di stoffe dal nome impronunciabile proprio vicino alla Porta di Sion. Dietro le mura guardinghe di Solimano il colle degli ulivi, così immediati da sentirne attraverso il soffio di Jahvé.
Sguardi che cercano, trovano, che non bastano ancora, fino a sorprenderla intima questa città fra racconti mitologici e modernità. I rintocchi delle campane, le stazioni della via dolorosa, il sepolcro, Yehoshua imprigionato nei vicoli. E i fast food pieni di ragazzine in Ben Yehuda Street, tutte uguali, tutte sorridenti, la parlata veloce e l’ombelico abbronzato, come fosse la stessa cosa essere nati e cresciuti a Gerusalemme o a Roma.
La quiete ovattata di una libreria, dita che scorrono da destra a sinistra fra le pieghe di una lingua scoscesa, la sensazione naturale di una distanza appena colmata, vedendola passare nei visi asciutti degli ashkenaziti.
Viaggiare come cura. Non è impensabile. In fondo i viaggi sono storie da incominciare a percorrere, nuovi ricordi da costruire frase per frase. Il silenzio dello shabbat, i rabbini davanti al muro occidentale, il brusio monotono delle preghiere, il gusto del pane con za’tar. I brividi allagano il sangue come vino che fermenta nelle mani a coppa. Resti appeso all’anima, non importa per quanto. Importa che avvenga. Spazio. Respiro. Sentire di essersi mancati dopo tutto questo tempo. E il mondo svanisce, scompare, ogni cosa si concentra in pochi blocchi d’opus quadratum.
Ricordi Me’a-She’arim? Ti ricordi com’eravamo felici? Un tratto brevissimo, un istante ravvicinato, dove la pietra chiara si confonde contaminandosi con le ombre di quartieri più cupi e difficili. L’abbiamo attraversato con passo elastico, le belle mani unite, gli occhi a fessura, le labbra umide, inalando profumo colorato di melograno e caffè.
Una valigia che arriva da lontano, un regalo da scartare, un universo da riempire. È sapere che siamo in cammino, qualunque sia, di essere noi stessi e in due, senza più paura di rimanere soli.
(Roma-Milano, 28 ottobre 2008)