(Da un’e-mail inviata a mia cugina Claudia nel dicembre 2001)
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Cara Claudia,
Mi ha fatto piacere la rimpatriata dell'altra sera a casa degli zii Ada e Piero, soprattutto perché c'eravamo tutti. Anche Giulia è stata contenta, pur essendo rimasta un poco stordita da quella confusione. D'altra parte non è abituata a riunioni familiari di stile e proporzioni motoraduno. L'ho rassicurata dicendole che capita ormai da trent'anni e, in quanto a confusione, ne abbiamo fatta persino di più.
Ricordi il giorno di Natale dai nonni? Quando noi quattro nipoti mangiavamo al nostro tavolino, seduti su seggioline e panchette in legno? Quante risate! E quando zia Ada, suonando un campanellino, annunciava che Gesù bambino aveva lasciato dei regali? Resi impazienti dall'attesa, eccitati dalla curiosità, scartavamo i pacchi tra strilli e schiamazzi, finendo sommersi da valanghe di carta e nastri multicolori.
Ne è passato di tempo, ahimè. I nonni purtroppo non ci sono più, mio padre si è rincoglionito, Laura vive a Gressoney, Sandra ha due figli, zia Dolores le stampelle, zio Piero una pancia immane, io una valvola aortica nuova di zecca e una moglie... E poi quante storie, più o meno liete, quanti altarini dietro quella facciata perbene (comunque non spetta a noi giudicare). Chissà per quanti anni ancora saranno possibili queste feste spensierate... All things must pass, cantava il povero George: se n'è andato anche lui...
La vita scorre via, tutto muta, si trasforma in altro. E un bel giorno ci accorgiamo che su quelle seggioline non riusciamo più a sederci. Quasi per consolarci, accomodiamo allora le nostre chiappone dentro qualche utilitaria Fiat. Ma intanto qualcosa si è perduto per sempre, è diventato un ricordo, un gioco postumo della mente che dà l'illusione di una riconciliazione con noi stessi.
Bisognerebbe essere tanto saggi da comprendere il senso di questo stare-al-mondo, che sembra invece un koan, un indovinello oscuro e assurdo, senza soluzione.
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