Polanski rilegge Dickens senza guizzi né svolazzi stilistici. Del romanzo rimane in piedi l’impalcatura, privata di diversi episodi ritenuti (a torto o a ragione) secondari e troppo macchinosi per lo schermo. Non mancano tuttavia le libertà, anche eccessive. Non si menziona il quadro appeso nel salotto di Lord Brawnlow che ritrae la madre di Oliver, e Sykes non muore accidentalmente. Appena accennata è la critica al pietismo bigotto e ipocrita delle istituzioni, che fa di Oliver Twist uno dei primi romanzi sociali (nonostante oscilli tra il resoconto fedele della realtà e un sadico compiacimento nell’indugiare sulle sofferenze fisiche e morali di donne e bambini).
In compenso, Polanski ci mette del proprio nel dare un interessante tocco d’ambiguità al personaggio di Fagin. Se nel libro viene descritto come un essere sostanzialmente abbietto e malvagio, il regista ne chiaroscura la figura e nel finale rende persino patetica la sua follia (Ben Kingsley efficace come sempre).
Oliver rappresenta per Dickens l’immagine dell’innocenza. A me è sembrato piuttosto un piccolo babbeo privo di qualità cui gliene capitano di tutti i colori, ma che ha la fortuna di incontrare un protettore a tirarlo fuori dei guai. Dalle stalle alle stelle senza merito alcuno: un futuro assicurato da Primo Ministro…
Oliver Twist
di Roman Polanski
con Barney Clark, Ben Kingsley, Jamie Foreman
(Usa, 2005, 130’)
Mercoledì 17 dicembre, Canale5, ore 21,10