<< Mi sembra però che sei in età da marito, no? >>.
Giulia abbassa i begli occhi color conchiglia. << Eh, a trentatré anni penso di averla superata da un pezzo >>.
<< Scusa se sono indiscreto, ma per tua scelta oppure si tratta semplicemente di un caso >>.
Formulo la domanda con una certa esitazione, ma lei risponde senza eccessivo imbarazzo: << Diciamo che è stato il destino, la fortuna o la sfortuna… >>.
<< Fortuna intesa come sorte, cioè >>.
<< Forse anche mia, chissà >>. Ride. << Ti ricordi che cosa diceva Perpetua nei Promessi Sposi? >>. Prende a parlare come fossimo vecchi amici, invece è appena la seconda volta che usciamo insieme. << Uhm. Devi sapere che ho sempre detestato Manzoni… >>.
<< Perpetua sosteneva d’essere rimasta nubile per aver respinto tutti i pretendenti, ma le amiche malignavano che non avesse mai trovato nessuno che la voleva >>.
La mia impressione è un’altra. << Penso che quel passo non riguardi te >>.
<< Ah, molto più di quanto credi >>.
<< Secondo me sei una donna che sceglie, non che si fa scegliere >>.
<< Questo lo dici tu. Beati coloro che crederanno… non è così? >>.
<< Sì, ma mica a tutto… >>.
Il suo volto appare ora disteso, la postura più rilassata. Punto i gomiti sul tavolo come per ascoltarla meglio, ma intanto ravvicino le distanze.
<< Sempre se non sono troppo sfacciato… Non provi invidia quando vedi una coppia felice? Sai, negli ultimi tempi mi sta capitando spesso e ci soffro un po’... >>.
<< Una volta, forse. Adesso mi sono rassegnata >>.
Una risposta troppo sicura. Rimozione?
<< Perché rassegnarsi? Non è giusto >>. Metto le mani avanti: << Beninteso, il mio non è un discorso interessato… >>. Beh, in effetti sì. Ma anche la sua è una mezza verità, detta per timore di scoprirsi eccessivamente.
Le cito quella frase di Freud sui lupi che, scacciati dalla porta, rientrano dalla finestra.
<< Non devo arrendermi, insomma >>.
<< Credo proprio di no >>.
Vorrei farle capire che sto parlando di me, non di lei.
Però non dico nulla.
(3 gennaio 1996)