Era il 16 marzo del 1983. Me lo ricordo ancora quel mercoledì pomeriggio. Il cielo appariva gonfio di nubi color cobalto, l’aria tiepida pervasa da un frizzo d’elettricità. O forse era soltanto l’eccitazione mentre, poco dopo le tre, percorrevo Via Lomellina verso il capolinea del 56. Indossavo un completo in jeans, giubbotto e pantaloni, dolcevita bianca e un paio di comode clark. In tasca il biglietto della partita Juventus - Aston Villa, quarti di finale della Coppa dei Campioni. In Via XX Settembre mi attendevano Mauro e Franco, insieme avremmo preso il tram alla volta del Comunale in Corso Sebastopoli. I cancelli aprivano intorno alle 17,30 e noi volevamo essere là per quell’ora, in modo da accomodarci in una buona posizione della curva Maratona. Già, perché la Filadelfia era andata rapidamente esaurita, e per le partite di Coppa venivano messi a disposizione dei tifosi bianconeri anche i settori riservati solitamente ai cuginastri del Toro.
Di che cosa parlammo lungo il tragitto e durante la lunga attesa prima dell’incontro? Naturalmente di scuola. In quel periodo la mia disperazione era la trigonometria, non azzeccavo una soluzione che fosse una: e avevo un bel dire che frequentavo il classico proprio per evitare la matematica. Ma probabilmente i discorsi scivolarono presto sul calcio, argomento clou di ogni intervallo, in cui gli sfottò tra bianconeri e granata si sprecavano.
Fino a quel momento, il cammino della Juventus era stato spedito. Eliminati al primo turno i danesi del Hvidovre (4-1 e 3-3) e nel secondo lo Standard Liegi (1-1 e 2-0), nei quarti ci erano capitati i detentori del titolo, gli inglesi dell’Aston Villa: una brutta gatta da pelare, vista la scarsa fortuna che ci accompagnava da sempre nelle competizioni internazionali. Quella era però la Juve dei Campioni del Mondo - Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli, Paolo Rossi -, di roi Michel Platini, e orchestrata dal gran maestro Giovanni Trapattoni. Una collezione di nomi da sgranare come i misteri gaudiosi del rosario. A Birmingham avevamo spuntato un positivo 2-1 (gol di Pablito e Boniek), ma sapevamo che avremmo dovuto subire il ritorno dei temibili Villains.
Quando ci sedemmo sui gradoni in cemento della curva pioveva a dirotto e lo stadio era ancora semivuoto. I riflettori si accesero un paio d’ore prima del fischio d’inizio, gettando una luce vivida sul terreno di gioco che assunse una brillante tonalità di verde. Con il trascorrere del tempo i cori dei tifosi sotto gli ombrelli inzuppati si fecero più robusti. Comprammo un panino e una coca cola dai venditori ambulanti, e tra una chiacchiera e l’altra facemmo rapidamente arrivare l’orario dell’incontro. Le 20,30 dei mitici mercoledì di Coppa.
Nella memoria ho impresse soltanto alcune brevi sequenze, ma la partita non ebbe praticamente storia: tenemmo sempre in pugno il gioco, fin dal calcio d’inizio. Ricordo bene la prima rete di Platini dopo un quarto d’ora, di piatto destro, il pallone a schizzare sotto la pancia di Spink, e il raddoppio di Tardelli. Nella ripresa la musica non cambiò: Michel siglò la terza rete proprio sotto la nostra curva e solo nel finale accorciò le distanze Withe, favorito da un errore (l’unico, peraltro) della difesa. Eravamo in semifinale.
Facemmo il percorso di ritorno affacciati ai finestrini del tram, la serata era mite, salutando allegri la gente per strada. Quando presi il 56 in Via Pietro Micca mi sedetti in fondo all’autobus, come d’abitudine, e cominciai a preoccuparmi per il compito in classe del giorno successivo (latino o greco, chissà).
In semifinale la Juventus affrontò i polacchi del Widzew Lodz, la squadra da cui proveniva Boniek. Vincemmo facile (2-0 all’andata, 2-2 al ritorno), ma correva l’anno della fatal Atene. Doveva essere una notte trionfale, la finale contro il mediocre Amburgo sembrava vinta ancor prima di giocarla. Invece, dopo venti minuti, Magath azzeccò un tiraccio da trenta metri che fulminò Zoff e, sorprendentemente, non trovammo il modo di porre rimedio.
Fu l’unico sgambetto riuscito al destino che, per il resto, non poté che inchinarsi alla classe immensa di quei campioni.
JUVENTUS – ASTON VILLA 3-1 (2-0)
(Torino, Stadio Comunale, 16 marzo 1983)
Reti: 14° Platini, 26° Tardelli, 68° Platini (J), 81° Withe (AV).
Juventus: Zoff; Gentile, Cabrini; Bonini, Brio (73° Furino), Scirea; Bettega, Tardelli, P. Rossi, Platini, Boniek - All.: G. Trapattoni.
Aston Villa: Spink; Williams, Gibson; Mortimer, Evans, McNaught; Bremner, Shaw, Withe, Cowans, Walters - All.: A. Barton.
Arbitro: Keizer (Ned)