“Io però avevo trovato, andando in giro a vendere grano, in una chiesetta che andava a tocchi vicino a Villa del Foro, una statua bellissima, che chissà da dove veniva. Rappresenta un vecchietto curvo, che tiene con le mani sopra la testa una specie di macina da mulino, una pietra da costruzione, forse una grande formaggia, va’ a sapere cosa, e sembra che si pieghi in due perché non ce la fa a tenerla su. Mi sono detto che un’immagine così voleva dire qualcosa, anche se non so proprio cosa voglia dire, ma sai com’è, tu fai una figura e poi quello che vuole dire lo inventano gli altri, tanto va sempre bene”.
(Umberto Eco, Baudolino)
Una volta pubblicato, il testo non appartiene più all’autore bensì al lettore. E ciascuno è libero di trovare il significato che crede, traendo le opportune conseguenze. Il testo è infatti una macchina generatrice di interpretazioni, ovviamente giustificate dal testo stesso. Se penso che Manzoni utilizzi la peste di Milano come metafora dell'invasione degli Ufo prossima ventura, più che un critico sono uno psicotico.
Spesso il lettore ne sa più dell’autore, afferma Eco. In effetti può scoprire effetti di senso di cui costui non è consapevole. Nella mia piccola esperienza di forumista e blogger è successo diverse volte di scoprire nei miei brani significati imprevisti grazie ai commenti lasciati dai lettori. E, sinceramente, mi sono trovato in difficoltà ad ammettere che non ci avevo pensato.
Cosa vuol dire però che non ci avevo pensato? Che non ho il controllo sui miei pensieri? Il dubbio in effetti mi arrovella, ma preferisco risolverlo in maniera elegante. Il testo comincia a vivere di vita propria nel momento in cui qualcuno ne fruisce. A quel punto l’autore non c’entra più nulla. Anzi, citando ancora Eco, dovrebbe morire per non interferire con il cammino ormai autonomo del testo.
Io, che non sono uno scrittore, posso eventualmente limitarmi ad un fastidioso maldipancia. E se un giorno lo diventerò, farò in modo di essere pubblicato postumo.