Stavamo insieme da poco, ricordo, ed ero seduto sul letto accanto a lei. << Ho come la sensazione che in passato ti sia successo qualcosa… un fatto che ti abbia cambiato profondamente… >>. Eravamo intimi abbastanza da percepire un dolore nascosto sotto la voce calma. << Sì, è così >>. << Qualcosa di grave? >>. << Sì >>.
Me ne andai nel soggiorno pensando: non voglio stare qui, non voglio stare con questa donna che di giorno in giorno appare sempre più impenetrabile.
Tornai alla porta della camera. Lei stava appoggiata con il gomito sul lenzuolo, guardava nella mia direzione, quasi stesse aspettando. Disse: << Non ce la faccio a parlarne adesso >>.
<< Non mi piacciono le allusioni. Se ci sono cose che devo sapere, preferisco saperle ora >>.
<< Quando mi sentirò ti spiegherò tutto >>.
Raramente raccontava del passato se non le ponevo delle domande, cui rispondeva peraltro in modo molle e sfuggente. Ma, attraverso gli anni, a quell’episodio non accennò più.
Arrivato a conoscerla meglio, ho ricostruito un paio di ipotesi plausibili. Soprattutto mi sono convinto che doveva rappresentare una specie di chiave della sua vita. Mi aveva dato il diritto di pensare a qualunque cosa, anche la più terribile, pur di non svelarmi quel segreto. Che rimase per sempre tale.