In una delle prime sequenze, Brigitte Bardot è a letto, nuda, e s’intrattiene con Michel Piccoli. Gli chiede se lui ama il suo corpo: i piedi, le gambe, le mani, il seno, gli occhi. Sono domande che, svuotate dalla prevedibile malizia, esprimono un desiderio struggente d’essere desiderata. In questo essere soltanto fisico, disponibile, manipolabile, vulnerabile, Brigitte Bardot rivela una fragilità che emoziona e turba.
Questa scena venne eliminata nella sciagurata edizione italiana del film (che subì una serie incredibile di tagli, anche in fase di doppiaggio), tuttavia compare integralmente in quella francese.
Il film è tutto lì. Anche B.B., in fondo, è tutta lì. Ma che incanto.
Nel vederla così giovane e luminosa, ho percepito nettamente la forza seduttiva che sprigionava. Ho capito perché il suo fascino senza pudore eccitava gli spettatori degli anni ’60. E cosa, noi frequentatori di un più pallido evo, ci siamo persi.
Esisteva, dunque. Esisteva quell’ideale femminile che nella mia infanzia vagheggiavo, tra il fruscio delle lenzuola, lungo notti d’estati lontanissime. Da sempre faceva parte di me, anche se non ne ero cosciente. E ha suggestionato la mia vita affettiva, condizionando le mie scelte amorose, imponendo istintivi canoni estetici.
Alla fine di questa serie di domande (di preghiere), Michel Piccoli dichiara di amarla totalmente, teneramente, tragicamente. E mi ritrovo a ripetere a fior di labbra quelle parole seguendo un trasognato impulso interiore, un sensuoso coup de foudre fuori tempo massimo.
Il disprezzo (Le mépris)
di Jean-Luc Godard
con Brigitte Bardot, Michel Piccoli, Jack Palance
(Francia-Italia, 1968, 103’)
Venerdì 10 luglio, La7, ore 1,45