Agorà, film diretto da Alejandro Amenábar, arriva finalmente anche nelle sale italiane. La Mikado, che ne ha acquistato i diritti, ha confermato l’inizio della distribuzione per il 23 aprile. Anche noi potremo dunque vedere sul grande schermo la storia di Ipazia, filosofa neoplatonica uccisa dai monaci cristiani nel V secolo. Presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes, il film era stato criticato dalla Chiesa Cattolica, tanto che si erano diffuse voci insistenti sull'opposizione del Vaticano alla circolazione nel nostro Paese (in Spagna è uscito a novembre, ne scrisse Rotta a Sud Ovest).
Ma chi era Ipazia?
Ipazia nacque ad Alessandria intorno al 370 d.C. Secondo il Suda era figlia di Teone, geometra e filosofo, da cui fu istruita nel campo della matematica, dell’astronomia e della filosofia, fino a dirigere la scuola neoplatonica alessandrina. Fu maestra di filosofia e scienze del vescovo Sinesio di Cirene, il quale la definì “madre, sorella e maestra” e “filosofa amata da Dio”. Nonostante fosse pagana, Ipazia era ascoltata e rispettata anche dai cristiani. Alla fine del 300 d.C., i decreti emessi da Teodosio I sancirono la proibizione dei culti pagani; su sollecitazione del vescovo Teofilo, l'Imperatore ordinò di distruggere i templi ellenici di Alessandria. Il successore di Teofilo, Cirillo, entrò in conflitto politico e giurisdizionale con il praefectus augustalis di Alessandria Oreste. Ebbe principio una sanguinosa guerra civile che coinvolse anche gli ebrei, sebbene Cirillo e i suoi sostenitori ponessero la questione in termini di scontro tra paganesimo e cristianesimo.
In questo clima, nella primavera del 415 maturò l'omicidio di Ipazia, ritenuta sostenitrice e ispiratrice di Oreste. Alcuni parabolari, monaci che costituivano un vero e proprio corpo di polizia, sorpresero la donna mentre faceva ritorno a casa, la trascinarono in una chiesa e qui la uccisero lapidandola con dei cocci; dopo che l'ebbero brutalmente fatta a pezzi, bruciarono i suoi resti. Alcuni dei più attendibili storici dell’epoca sostengono che il vescovo Cirillo fu responsabile diretto dell’assassinio: tra loro Damascio e Socrate Scolastico. Quest’ultimo (380–440 d.C.) era un teologo cristiano: nella sua Historia Ecclesiastica racconta che Cirillo e i suoi seguaci furono giustamente accusati dell’atroce misfatto ma mai condannati, poiché l’inchiesta venne frettolosamente archiviata. Confermano questa versione lo storico tedesco Karlheinz Deschner e Jacques Lacarrière, letterato e filosofo francese: secondo quest’ultimo, Cirillo, se non proprio il mandante, quanto meno acconsentì all’esecuzione della donna, accusata di stregoneria. Nel volume I Riformatori della Chiesa, uscito nel 1970 con l’imprimatur della Santa Sede, si afferma che Cirillo è stato uno dei più grandi padri del Cristianesimo, ma “almeno per la morte della nobile pagana Ipazia, egli è responsabile”. Ciò non toglie che costui sia stato elevato agli onori degli altari nonché nominato Dottore della Chiesa Cattolica.
Nel corso di una conferenza stampa tenutasi qualche giorno fa, Amenábar ha dichiarato: << Si tratta di un episodio del cristianesimo mai portato sul grande schermo che ho cercato di liberare dal suo contesto religioso e politico, soffermandomi soprattutto sulla figura di Ipazia, una donna che lottò per salvare la saggezza del Mondo Antico... Sono passati oltre 1700 anni da quel tempo ma la storia non è poi così cambiata >>. A prescindere dal giudizio critico su Agorà (voci di corridoio mi confidano che non è un capolavoro), è importante che esso abbia ora una distribuzione in grado di raggiungere il grande pubblico e non venga confinato nei circuiti d’essai. In un’epoca in cui neoconservatorismo e destra religiosa ottengono largo seguito, la storia di Ipazia ci insegna che la libertà di pensiero è il diritto più inestimabile. E che la libera circolazione delle idee, come sosteneva Kant, è il fondamento della conoscenza e dell’emancipazione dell’uomo.
Agorà, di Alejandro Amenábar, con Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashraf Barhom, Michael Lonsdale (Spagna, 2009, 128’). In programmazione al Cinema Fratelli Marx di Torino.