“Il cristianesimo si ridurrà e scomparirà. In questo momento siamo più popolari noi di Gesù Cristo”. John si lasciò scappare questa considerazione nel febbraio 1966, nel corso di un’intervista all’Evening Standard. Era appena una divagazione, eppure la reazione del mondo cattolico fu talmente esagitata da prendere i contorni della follia collettiva: manifestazioni di protesta, dischi bruciati, minacce di morte ai Fab Four, censure ufficiali da parte di alcuni governi. Tuonò pure l’Osservatore Romano: “Sarebbe opportuno che certi argomenti non fossero trattati in maniera profana, nemmeno nel mondo dei beatnik”. Espressioni che, tradotte dal diplomatese, significavano una condanna esplicita.
Soltanto nel 2008 l’organo di stampa della Santa Sede si è preso la briga di ridimensionare una volta per tutte la vicenda, definendola (con sussiego) una “spacconata di un giovanottone della working class inglese alle prese con un inatteso successo, dopo essere cresciuto nel mito di Elvis e del rock’n’roll”.
Oggi, a quarant’anni esatti dallo scioglimento, l’attuale direttore Giovanni Maria Vian assolve ufficialmente i Beatles. “È vero”, scrive assumendo un tono fraterno, “hanno assunto sostanze stupefacenti; travolti dal successo hanno vissuto anni scapestrati e disinibiti; in un eccesso di spacconeria hanno detto persino di essere più famosi di Gesù… Certo non sono stati il migliore esempio per i giovani del tempo, ma neppure il peggiore. Tuttavia ascoltando le loro canzoni tutto questo appare lontano e insignificante… Restano come gioielli preziosi le loro bellissime melodie che hanno cambiato per sempre la musica leggera e continuano a regalare emozioni…”.
Intervistato al proposito dalla Cnn, Ringo - l’unico e immarcescibile Ringo - ha risposto proprio come avrebbe fatto John: "I couldn't care less". Non me ne potrebbe fregare di meno.