Roma di maggio era abbagliante, sfacciatamente bella. Gli umori, i colori. E la temperatura, così dolce e invitante. Indolente, più che eterna. Il suo lato migliore, riflettevo mentre attendevo l’autobus in Piazza Bologna, sta nella capacità di accogliere chiunque e dare a chiunque la sensazione di essere a casa propria. Roma fermenta un fascino felice che fa esclamare: io abito qui, qui vivo. Sfumature di quotidianità. Potrei realizzare qualcosa qui a Roma, fantasticavo, ad esempio un caffè letterario...
Roma è la città più femminile che io abbia conosciuto: ha un ventre rotondo e perfetto, fianchi morbidi e tette di panna su cui accoccolarsi. È una città che fa restare adorabili lattanti, appena appena adolescenti capricciosi cui alla fine si perdona tutto.
Anche a Roma ho perdonato tutto. Sapevo di non poterle chiedere troppo. Come a un'amante che si fa indietro per mancanza di coraggio, o perché tiene nell'ombra la silhouette di un altro uomo. Non ho capito però se è veramente quel marmo a brillare, oppure non sia solo la favola che una notte mi sono raccontato.
(Fotografia scattata nel maggio 1995)