26 novembre 1911
"Cara moglie, ti informo che ho ricevuto le tue due lettere, e in entrambe non ho sentito nient'altro salvo la domanda se sarei tornato. Vedi, mio caro tesoro, sebbene mi scriva che amo il denaro più di te, ciononostante vedi che io amo te e il denaro, perché se fossi senza denaro allora neppure tu mi piaceresti, e quando ho una grande quantità di denaro allora anche tu mi amerai di più che senza denaro, perché quando abbiamo una grande quantità di denaro, quando ci riempiamo mangiando e bevendo, e quando ci vestiamo bene, allora sarà piacevole guardarsi l'un l'altro; allora ci ameremo ancora meglio e metteremo labbra su labbra, e il cuore batterà, e allora l'amore sarà migliore di come era quando eravamo affamati e stracciati, perché quando un uomo ha fame, allora non gli piace amare. Così, vedi, io voglio lavorare ancora per qualche tempo perché il lavoro sta andando non proprio nel modo peggiore, e io potrei guadagnare come non facevo prima. Così resterò per alcune paia di settimane e tu, mia cara, prega Dio per la salute, e questo tempo volerà via per te e per me come un momento. Così ti mando venticinque rubli per le feste. Di questo denaro da' due rubli e mezzo a ogni madre, e con venti rubli procura ciò che è necessario a te, e non girare affamata e gelata, perché io cerco di provvedere affinché non ci sia nessuna privazione. Quando ricevi il denaro allora rispondi subito. Ti congratulo per le feste di Natale. Non ho più niente da scrivere".
Adam Struciński
Questa lettera, scritta da un emigrante polacco negli Stati Uniti alla moglie, fa parte di un’imponente documentazione raccolta da W.I. Thomas e F. Znaniecki in un classico della sociologia contemporanea, Il contadino polacco in Europa e in America, pubblicato in cinque volumi tra il 1918 e il 1921. Oggi ci si riempie la bocca con termini quali società postmoderna, postindustriale, postcoloniale e quant’altro. Ma il contenuto della lettera, che risale a un secolo fa, suona tristemente attuale.