Certo, le Nazionali del ’34 e del ’38, che pure furono Campioni del Mondo: ma di esse non si custodiscono che pellicole in b/n sgranate e traballanti. Al massimo, come giaculatoria, i primi tre nomi delle formazioni: Combi, Monzeglio, Allemandi. Oppure Olivieri, Foni, Rava. Il resto sono identità sparse, sebbene grandissime, oramai leggenda: Monti, Orsi, Meazza, Schiavio, Piola. Vittorio Pozzo.
La maggior parte di noi serba ricordo di Messico ’70, come massima capacità di ricondurre indietro le lancette dell’orologio esistenziale. Italia – Germania 4 a 3, il piattone destro di Rivera, con Maier da una parte e pallone dall’altra. E la finale contro il Brasile, Pelè che si arrampica in cielo per segnare di testa. Se di quel Mondiale ho negli occhi immagini di riporto, molto più nitida mi appare la visione di Germania ’74: l’Olanda di Cruijff, soprattutto, e poi l’inopinata disfatta degli Azzurri al primo turno, con l’inutile gol di Capello alla Polonia. Che spettacolo però la Giovane Italia dei Mondiali argentini, con Bearzot che butta nella mischia Cabrini e Paolo Rossi: nonostante il quarto posto, il miglior gioco del torneo, unanimemente riconosciuto, il più spumeggiante che io abbia mai visto. È l’antipasto succulento della vittoria ottenuta quattro anni dopo in Spagna, un crescendo wagneriano dopo un girone eliminatorio disastroso. Argentina, Brasile, Polonia, Germania Ovest, spazzate via da una squadra di eroi eponimi. Zoff, Gentile, Bergomi, Tardelli, Bruno Conti, e ancora Cabrini, e Paolo Rossi.
Si era però alla fine di un ciclo, sancito dai Mondiali nuovamente messicani del 1986: Galderisi e Di Gennaro non valgono i conquistatori del Mundial, nulla possono negli ottavi contro la Francia di roi Michel. Batosta, e chiuso. Il desiderio di rivincita non viene soddisfatto nelle notti magiche di Italia ‘90, rimaste ai posteri più come esempio di spreco di denaro pubblico che per le pupille roteanti di Schillaci. Il buon terzo posto conquistato viene migliorato appena di una posizione ai successivi Mondiali made in Usa: il credo di Sacchi, trapiantato dal Milan alla Nazionale, trova il suo epilogo nel rigore di Roby Baggio sopra la traversa nella finale persa contro il Brasile (ancora!). Francia ’98 vede trionfare i brillanti padroni di casa guidati da Zizou Zidane, i quali ci eliminano di rigore ai quarti (stavolta è Di Biagio a calciare alle stelle). Finisce persino peggio la spedizione nippocoreana del 2002, comandata dal vecchio Trapattoni: eliminati agli ottavi dai coreani, con la gentile collaborazione dell’arbitro Moreno.
Da ultimo la sorprendente vittoria di quattro anni fa, raggiunta grazie alla sagacia tattica di Marcello Lippi e alla progressiva consapevolezza nei propri mezzi da parte della squadra. Campioni del Mondo per la quarta volta. Pronti a rimetterci in gioco in questa edizione sudafricana, a partire da stasera.