I passi sbuffano lievi sulla moquette della sala ancora deserta. Dietro, le spesse tende si sono richiuse, isolandomi definitivamente dai clamori del mondo.
Esito un momento. Mi guardo intorno, un po’ incerto. Quindi riprendo, muovendomi con calma verso un posto centrale delle prime file che, ho deciso, occuperò per un paio delle prossime ore. Con un sospiro mi sistemo comodo sulla poltrona, distendendo le gambe e poggiando entrambi i gomiti sui braccioli. Un silenzio attutito mi circonda, avvolgendomi in un morbido abbraccio.
Accarezzo meccanicamente il mento, quasi per allontanare un sussulto dell’animo, al pensiero di quante cose dovrei fare e che deliberatamente ho deciso di trascurare. Le luci soffuse alle pareti invitano ad un più rilassato approccio con quest’essenza fragrante di libertà. Così, pacatamente, scivolano via i residui sensi di colpa, per essere qui dove non dovrei stare, all’insaputa di tutti.
Mi sto apprestando ad una breve fuga dalla realtà quotidiana e la voglio assaporare in piena tranquillità.
Qualche movimento e un cigolio di sedili ribassati dietro le spalle ridestano per un attimo l’attenzione. Qualcuno, in questo caldo pomeriggio d’inizio estate, ha avuto la mia stessa idea e sta rumorosamente prendendo posto. Ma è soltanto un istante. La quiete si poggia di nuovo sulle spalle, confortevole come un ampio mantello.
Le luci si attenuano gradualmente, fino a che la sala sfavilla soltanto delle immagini proiettate sullo schermo. L’attesa è terminata. Lo spettacolo, finalmente, comincia. E così la mia piccola meravigliosa felicità.