Sera di un lunedì estivo, la settimana appena iniziata è già stanca. I pensieri sfuggono e la buona volontà resta in vacanza. Anche il bar, al suo riposo settimanale, completa questo quadro da deserto metropolitano. Per fortuna un cinema aperto c’è, e mi ci infilo. Scosto le pesanti tende e faccio qualche passo nella sala: il freddo condizionato gela all’istante il sudore sulla schiena. Tossisco, e il mio chewing gum schizza sulla testa di un energumeno seduto proprio lì davanti. Si volta di scatto: è nero, alto, grosso, il berrettino da baseball calato sulla fronte. Un marine in libera uscita? Accenno un sorriso idiota, dico “Sorry” senza sapere perché; e mentre lui fa con la mano ma guarda ‘sto coglione me la batto lungo la corsia laterale. Messo ormai a distanza di sicurezza, mi getto su una poltrona qualunque delle prime file e tiro il fiato. Quindi chiudo gli occhi, mi stiracchio e lascio che il ronzio di sottofondo mi ipnotizzi.
Alle mie spalle qualcuno si muove. Do un’occhiata, e per poco non ci rimango secco. Una biondina sexyssima si è accomodata proprio dietro di me. Lunghi capelli di seta si sciolgono sul petto, strizzato in un top aderentissimo, e la minigonna risale ben più su del limite tollerabile da ogni maschietto normodotato. Un pensiero erotico guizza indicibile tra le tempie e anche un po’ più in basso. Stronzo, mi dico, hai proprio voglia di farti mandare affanculo? Rilassati, che è meglio. Le luci intanto si vanno affievolendo, fino a spegnersi del tutto. Sento il nero schiarirsi la gola con un grugnito e la biondina sistemarsi meglio sulla poltrona. Adoro quando i film iniziano, con tutte quelle forme, i colori, e le sigle delle case di produzione. Oggi è in programma un giallo, non amo troppo il genere ma d'estate occorre accontentarsi.
È dopo circa venti minuti che le cose cominciano a succedere. La biondina mi tocca lievemente una spalla. Mi giro col cuore in gola. Riflesso nella luce dello schermo il suo volto appare bianco, di un bianco perlaceo, incantevole. Gli occhi invece sono scuri, profondi, e mi ci perdo dentro. "Ciao”, sussurra: “Ti siedi vicino me?". "Ehm... ", fingo di esitare (che imbecille): “Oh sì, certo”. Mentre mi sposto noto che nella sala buia come una caverna sta solo il mastodontico marine - se poi è davvero un marine. Mi siedo accanto a lei, senza poter evitare una sbirciatina nella vistosa scollatura che le si apre davanti. Il dolce angelo biondo non se la prende: anzi, pare divertito e si stringe immediatamente a me, poggiando la testa sulla spalla. Se la racconto, ‘sta storia, non ci crede nessuno, penso. Completamente preso dalla situazione, lascio che il film avanzi sullo schermo come se provenisse da un'altra dimensione. Dopo qualche minuto la sua mano comincia ad accarezzarmi le gambe. L’eccitazione scoppia nel petto, mi sento un adolescente alle prime esperienze. Cosa diavolo mi succede? La sua bocca si schiude, languida, lo sguardo chiede implorante la mia. Un secondo solo, piccola, lascia che mi raccapezzi.
Le labbra infine s'incollano, calde, bagnate. I corpi si muovono all’unisono, e tutto d'improvviso diventa naturale, istintivo, senza più esitazioni. Il top microscopico si alza e si abbassa lasciando percepire capezzoli piccoli e duri, da tormentare con le dita. La sua lingua mi cerca, la sento scendere sul collo e poi lambirmi il lobo dell'orecchio. Le mani intanto mi stringono la nuca e scompigliano i capelli. Dio, com’è bello. Perché avevo dimenticato quanto fosse bello? Gli impegni, le responsabilità, la fretta... Queste le uniche risposte che mi balenano in mente. Ma in un istante sono già lontane, e l’eccitazione rimane l'unica cosa su cui ogni parte di me ora si concentra.
Poi, all'improvviso, accade.
Avverto come uno strattone. La sento staccarsi violentemente da dosso e un fiotto caldo m’inonda la camicia. Adesso lei giace immobile, riversa scompostamente sul bracciolo della poltrona. Il top lacerato mostra due piccoli seni sodi, perfetti, e in mezzo un orribile squarcio. Da esso, come un mostro comparso dalle tenebre, un paletto insanguinato che fuoriesce di diversi centimetri. Inorridito, alzo lo sguardo e lo vedo. Il bestione nero di prima. È scivolato dietro di noi, silenziosamente, nel buio. Ha lasciato che ci facessimo prendere dalla passione e poi ha conficcato la sua arma nella schiena della ragazza, strappandola alla vita. Finalmente realizzo: lancio un urlo e salto in piedi, terrorizzato, cercando istintivamente di fuggire. Due mani gigantesche mi afferrano per le spalle. Mi divincolo, tiro gomitate a casaccio, furiosamente. La morsa non cede. Quando già mi vedo perduto, il bestione comincia a parlare. Per la prima volta sento la sua voce: grave, penetrante, a coprire i suoni del film. “Guarda, ragazzo. Guarda attentamente". Solleva la testa della biondina. " No!" grido. " Guarda!".
Mio Dio... Come descrivere il raccapriccio, la vertigine e i sensi che sento mancare? Il volto candido, di quella ragazza è adesso una smorfia immonda d'odio che oltrepassa i millenni. Come se tutto l'orrore dell'universo fosse racchiuso in quell'espressione feroce e distorta. Il nero mi tiene su dal colletto, perché le gambe hanno smesso di reggermi. Dalla bocca semiaperta le cola della bava scura e due acuminate zanne bianche scintillano nella penombra, lacerando quel barlume di lucidità che ancora mi resta. "Sono dappertutto, specie d'estate: nei cinema, nei locali, nelle cantine, negli anfratti al riparo dal sole". "Chi... cosa…". " Vampiri, bello mio. Vampiri". Dopo un'adolescenza passata a vedere horror non l'avevo ancora capito? "Li faccio fuori. È il mio lavoro".
"Ora finisco di vedere il film. Non è poi così male”, continua lui imperturbabile, mollando infine la presa. Poi, come ricordandosi di qualcosa, aggiunge: “Ah… Questo deve essere tuo". Mi porge un affarino bianchiccio, contenuto nell'enorme mano. Il mio chewing gum.
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