“C'è un modello culturale che potremmo chiamare: vizi privati e pubbliche virtù. Un mix di moralismo e immoralismo. Il moralismo di chi si finge neoclericale per ragioni elettorali, di chi si intruppa al Family Day, di chi si scaglia contro Beppino Englaro rendendo un tema drammatico un'arena per gladiatori, di chi non esita a mandare in galera i ragazzini con lo spinello. E l'immoralismo di chi si circonda di un'epopea in cui l'ebbrezza della cocaina, la compravendita del piacere, il divertimentificio industriale gioca a cavallo del peccato, e questo non ci interessa, ma spesso gioca a cavallo del reato. E la battuta omofoba o razzista o sessista esce dal recinto privato del maschilismo berlusconiano per solleticare l'Italietta del basso ventre. […] L'equiparazione Berlusconi non è pulito ma siamo tutti luridi, tutto è contaminato. Sono paradossali nei loro salti logici: fanno contemporaneamente delle mutande la loro bandiera e vogliono mettere i braghettoni seicenteschi alle domande più difficili: sulla sessualità, sull'affettività, sulla vita e la morte”.
(Nichi Vendola, da un’intervista a La Repubblica del 16 febbraio 2011)
Questo è anche il mio pensiero: il berlusconismo ha fondato i propri interessi sull’anarchia dei modelli.