Questa conversazione con Franco Lucentini, curata da Giulia Carluccio, apparve sul primo numero della rivista "E.T. - Essai a Torino" nel gennaio 1994 (ne conservo tuttora una copia). Lo scrittore rievoca con tono leggero e spiritoso l'antico amore per il cinema, l'esperienza di spettatore, l'immaginario che intorno ad essa ruota. Sciorina nomi di registi e attori con la nonchalance dell'appassionato ma, senza perdere senso critico, il suo sguardo indugia intenzionalmente sulle atmosfere e sulle suggestioni. Riemerge dai ricordi personali un tipo di cinema e di contenuti ben definito e riconoscibile, molto lontano dall'attuale che presenta invece contorni sempre più sfumati e sfuggenti.
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"Il cinematografo, la sala, il cinema che amerei di più, se ci fosse, è dove si possa fumare. Per un fumatore non si gusta il film se non si può fumare: è un piacere che ne richiede un altro. Ma che cosa vuole, in quest'epoca disgraziata... dovrebbero esserci sale per fumatori, sarebbero strapiene. Trovassero un sistema! In Inghilterra credo che vi siano ancora sale con reparti per fumatori, forse in galleria, così il fumo va su. Ricordo quelle sale fumose, piene di gente; adesso sono sale vuote, tristissime. Ah! Le sale della mia infanzia... oggi non c’è più quell’atmosfera familiare di distensione. Una volta, poi, non c'era un orario per entrare in sala. Era così bello poter entrare quando si voleva, a getto continuo.
Il cinema, appunto, l'ho scoperto da ragazzino, in un cinema di quartiere a Roma. Mi ricordo un film che mi piacque moltissimo e non sapevo neanche cosa fosse. Poi l'ho rivisto, era Gli eroi del deserto di Wyler. Mi ricordo quella storia della donna che partorisce nel deserto… e quei criminali che poi diventano eroi. La prima sala, in particolare, che ho frequentato era con mia madre, a Roma. Era il Moderno, che la domenica era affollatissimo. Allora qualche volta andavamo in uno più piccolo, lì vicino, che si chiamava Odeon. Faceva dei filmetti. Quando abbiamo cominciato ad andare da soli, io e i miei fratelli, andavamo invece in una saletta piccolissima al Salario, dove vidi appunto Gli eroi del deserto. Il ricordo del film - sarà stato il 1930, il '31 - è legato a quello della sala.
Del resto l'atmosfera conta molto. Il cinema per me è qualcosa che mi riporta a quelle sale di quartiere, dove costava anche meno. Le riduzioni sono importanti. Anche quella per gli anziani: non si capisce perché si fermi alle sette di sera. Perché gli anziani devono andare al cinema solo di pomeriggio? Oggi, vado al cinema in sale vicine a casa. Sotto casa mia c'è l'Empire. Poi vado al Centrale, al King Kong. Anche al Romano vado. Però ci sono troppe scale, per la mia età. Qualche volta faccio la coda per andare al cinema. A Parigi mi capita spesso, in centro. Ci sono tanti giovani, in coda, molto educati. Qui, devo dire, la coda la vedo poche volte. Al cinema mi siedo molto avanti, mi piace vedere da vicino. Mi metto poi un po' a sinistra, nella mia disposizione naturale. Frequento un po' il Massimo, solo che adesso non hanno più molta scelta. Una volta vi ho visto un film bellissimo che mi ha colpito, quello con Buster Keaton, scritto da Beckett. Tanto di cappello.
Per me il cinema non coincide con il cineclub. I cineclub li approvo, ma i cinema dovrebbero dare normalmente film da vedere. Io, poi, amo il film in versione originale. Non sopporto per esempio in un film giapponese sentire un giapponese che dice ciao... è assurdo. Certo, c'è qualche cineclub che fa i film in lingua originale. E invece la versione originale dovrebbe essere un fatto normale, nelle sale normali. E' terribile come il doppiaggio cerca di rendere il turpiloquio o i monosillabi americani, intraducibili, in un turpiloquio di una noia... monosillabi esplicitati in parolacce ripetute all'infinito. E' una cosa da piangere. Voi dell'Aiace dovreste educare la gente al film in lingua originale. Come a suo tempo aveva fatto il Cinema Chaplin. Ricordo di avervi visto in lingua originale quel bellissimo film che era Sotto tiro. Eppure vedevo gente che arrivava lì e quando scopriva che era in lingua originale se ne andava. A proposito di bei film, un film stupendo, bellissimo, è quello di guerra, del Vietnam, di Kubrick, Full Metal Jacket. Ecco un film che non può essere doppiato. Come quando la cecchina viet sta per morire, e il soldato nero dice alcune cose, commoventissime. Non si possono banalizzare con la traduzione. Kubrick. Del resto era grandissimo anche l'altro film sulla prima guerra mondiale, Orizzonti di gloria. Ma tanti sono i film da ricordare. Woody Allen: mi piaceva molto Bananas.
Del resto, io amo moltissimo il cinema, anche se a volte si vedono cose di una cretinaggine totale. Un bel film, invece, è sempre intelligente, di qualsiasi genere sia. Con un po' di spettacolo, che può venire da cose molto diverse. Per esempio, Il raggio verde di Rohmer diventa uno spettacolo straordinario, bellissimo. Ma, certo, non si può dire in generale quali sono i bei film. E non lo si può dire prima, sapere prima. Anche i grandi registi, ne sbagliano. E' vero però che anche il meno riuscito film di Fellini è un gran capolavoro; insomma, siamo a livelli altissimi, comunque. E anche con Woody Allen, anche se ne sbaglia pure lui... Ma Fellini, soprattutto, Fellini è un gigante. I film cosiddetti impegnati spesso sono una gran barba; non sono altro che buoni sentimenti buttati lì, sono delle melensaggini... Fruttero ed io abbiamo fatto anche i critici cinematografici, per un anno, su Epoca, e abbiamo ricevuto delle lettere di fuoco per aver stroncato film orrendi di Godard... e uno di Wenders, che però al confronto dell'ultimo. Anche quello degli angeli su Berlino... anche lì, che melensaggini orrende, orrende. Insomma, il cinema di qualità... la qualità, se c'è, si vede. Non si può determinare a priori. In genere, comunque, quando una cosa è bella, tutti la capiscono. Anche perché l'impegno è quello che ci deve mettere lo spettatore nel guardare il film. Non si deve mai lasciar cadere neanche una storia che sembra banale, che sembra camminare da sé. Ci vuole intelligenza nel seguire qualsiasi storia, la più semplice. Come in letteratura, dove si trovano cose alte in romanzi di genere, in una letteratura che si potrebbe chiamare bassa. Per esempio, con Agatha Christie, si hanno delle cose graziosissime di vita provinciale che se le sognano anche certi grandi scrittori. Una letteratura altissima è, per esempio, quella di Simenon, eppure Simenon è per tutti. Anche al cinema c'è qualcosa del genere. Ci sono film che si presentano fin troppo facili e poi sono molto ricchi. Oppure semplici, come quelli di Rohmer, ma sono grandissimi. Ma non solo. Le racconto una battuta di Massimo Mila. Era uscito quel film, Amadeus, di cui tutti parlavano. Mozart e Salieri... Allora, qualcuno chiese a Mila che cosa ne pensasse. E Mila disse: «Prima di tutto è un film in costume. E io non ci vado a vedere quelli in costume. A me piacciono i film dove esistono delle macchine e sparano». Anch'io devo dire che, se sparano bene, amo quei film lì".
(Per L. e al suo mancato incontro con Lucentini)