31 ottobre 2011. L’incontro con il pubblico è programmato per un lunedì mattina grondante pioggia. Il Festival di Roma sta per chiudere i battenti, ma la sala dell’Auditorium si mostra gremita in ogni ordine di posti. Sullo schermo scorrono brevi sequenze di film (Leone, Pontecorvo, Tornatore, Petri) ed Ennio Morricone illustra l’accompagnamento musicale corredandolo di note tecniche o curiosità più spicciole. La sua cultura sopraffina, unita a un gusto eclettico non comune, gli permette di rifarsi con assoluta nonchalance a mezza storia della musica (Mission riprende armonie dell'età barocca).
La serietà autoriale emerge anche in piccoli episodi, come lo scherzo che gli fece Scola quando, al banco della moviola, gli mostrò alcuni spezzoni di sequenze su cui aveva montato un commento musicale volutamente inadeguato. Dopo quarant'anni la voce di Morricone si incrina ancora di lacrime e di irritazione, incapace di dare un senso a ciò che continua a considerare un perfido affronto.
Si sa. Lui vorrebbe essere menzionato soprattutto come autore di musiche da concerto, eppure gli spetta la dolce maledizione di aver scritto alcune tra le più belle colonne sonore della storia del cinema. Non solo gli hanno dato di che vivere, così come con distacco le considera, ma l’hanno reso il compositore italiano più eseguito al mondo dopo Verdi e Puccini.