(Pubblicato nel Forum Trovacinema il 7 dicembre 2002)
Le pellicole ambientate dentro i sottomarini hanno una certa tradizione: da Ventimila leghe sotto i mari a U-Boot 96, da Yellow Submarine a Caccia ad Ottobre Rosso la lista è lunga e gloriosa. Ottengono successo perché sono una sorta di kammerspiel a compartimenti stagni e K-19 conferma la regola. Ambientato nel 1961 durante il momento più critico della guerra fredda, il film di Kathryn Bigelow è liberamente ispirato ad un fatto realmente avvenuto. Ma attenzione. Quando si dice liberamente ispirato, significa che la realtà funge appena da magro palinsesto per le invenzioni più invereconde: gli sceneggiatori perdono il controllo, la logica prende a far acqua da tutte le parti e il principio di verosimiglianza va a fondo - in tutti i sensi.
Un sottomarino nucleare sovietico, nel corso della sua prima missione, ha un incidente al reattore principale e minaccia di esplodere. L'incidente potrebbe provocare (udite udite!) un disastro nucleare. A bordo si fronteggiano due comandanti: Mikhail Polenin (Liam Neeson) il cui principale interesse è la salvezza dell’equipaggio e Alexej Vostrikov (Harrison Ford) - l’Uomo del Cremlino - il quale intende portare a termine la missione ad ogni costo, dimostrando al mondo la superiorità della flotta nucleare sovietica. Riusciranno i nostri eroi a salvare l’equipaggio e ad evitare la catastrofe? Visto che a tutt’oggi siamo ancora vivi e vegeti e la storia possiamo raccontarcela, evidentemente sì.
Gran messa in scena, azione, suspense, claustrofobia: c'è proprio tutto. Perfino Harrison Ford che fa il cattivone e sputa sentenze in cirillico (cosa stupisce di più?). Molto applaudito al recente Festival di Venezia, il film della Bigelow non è stato accolto altrettanto bene negli Stati Uniti. Forse perché non parla troppo male dei russi. O forse perché la guerra fredda è un ricordo ormai surgelato ed altre ben più calde si avvicinano minacciosamente all’orizzonte.