Il Volume 2 chiude degnamente la vicenda Kill Bill, completa e dà significato al primo episodio. Ma non è tutto. Si capisce la volontà di Tarantino, che ha voluto due parti ben distinte. La seconda non è il semplice proseguimento della prima, ne costituisce una sorta di variazione basata sugli stessi elementi visti da una differente prospettiva. Più western che Jackie Chan, più Sergio Leone che kung-fu movie. Ritmo pacato, lunghi dialoghi, si concede un respiro profondo, unisce dolcezza e crudeltà in un taglio riflessivo. Ed è intrisa di un rigore etico sorprendentemente tradizionalista (l’istinto materno che prevale su ogni cosa). Tralasciando gli aspetti tecnici, che pure confermano la grande perizia del regista, Kill Bill: Volume 2 mi è parso più godibile del Primo.
- Sequenze
Quella claustrofobica del seppellimento della Sposa (schermo nero, solo rumori) entrerà nelle antologie. Edgar Allan Poe si sarebbe spellato le mani dagli applausi. Da cineteca la dotta disquisizione di Bill sui supereroi: “Clark Kent rappresenta la critica di Superman alla razza umana” è un’affermazione che ci schiude inedite prospettive filosofiche, su cui varrebbe la pena ragionare seriamente.
- Postmoderno
Quando leggo o sento questa parola vengo preso da orripilazione: ha assunto un significato talmente onnicomprensivo da non significare più niente. In effetti, però, credo che Tarantino sia postmoderno almeno come atteggiamento mentale: rivisita il passato in maniera non innocente, con consapevolezza e sense of humour. Citando Eco, il tipico atteggiamento della persona molto colta (e Tarantino è un cinefilo straordinario), la quale sa che non si può più dire a una donna “Ti amo disperatamente” perché entrambi sanno che questa frase l’ha già scritta Liala ed è diventata un topos. La soluzione sarebbe allora “Come direbbe Liala, ti amo disperatamente”: esplicitando la citazione si fa ugualmente una dichiarazione d’amore, evitando il tranello del già detto e giocando intenzionalmente al gioco dell’ironia. Tarantino è postmoderno e anche un grande Autore, perché si permette di rifare la storia del Cinema popolare con disinvolta leggerezza. Non lo imita e non lo porta sulle spalle come un peso, lo ripropone in modo creativo.
- Dissonanze
I conti, però, non tornano del tutto. È ovvio che se un film ottiene il consenso del pubblico significa che piace. Ma l’equazione è la spia anche di qualcosa d’altro, cioè che il film dà al pubblico esattamente ciò che vuole. La saga di Kill Bill dà in effetti allo spettatore quello che si aspetta gli dia Tarantino. All’inizio della sua carriera le cose erano andate invece diversamente, Le Iene e Pulp Fiction avevano suscitato infatti diffuse reazioni negative. E allora? La sensazione è che Kill Bill nel suo insieme sia stato fin troppo apprezzato, e questo mi lascia perplesso. Il postmoderno (appunto) è diventato, pian piano, tradizione: ciò che allo spettatore appariva inaccettabile dieci anni fa, adesso è luce per gli occhi. C’è stato uno spostamento progressivo del gusto verso una soglia più alta. Dunque mi domando: cosa farà in futuro Tarantino, ora che la provocazione è diventata norma?
Kill Bill - Volume 2, di Quentin Tarantino, con Uma Thurman, David Carradine, Daryl Hannah, Michael Madsen, Gordon Liu (Usa, 2003, 110'). Giovedì 17 gennaio 2013, ore 21,05, Iris Tv.