<< Preferisco di gran lunga ricevere o scrivere un’e-mail piuttosto di inviare post a casaccio. Una volta non era così. Probabilmente viene il momento in cui, più che occhi anonimi, si cercano sguardi nei quali ci si possa riconoscere >>.
Anche quell’anno l’estate si faceva attendere e l’aria fresca del primo pomeriggio invitava a rimanere dentro una saletta della trattoria, piuttosto che nel déhor. Mentre ascoltava le mie parole, Agnese ripose nella borsa il cellulare dopo aver controllato l’autore del messaggio appena ricevuto. << Probabilmente dirò qualcosa di paradossale, ma la comunicazione mediatica è così veloce e immediata che mi ha tolto il sapore della realtà... E poi non ci credo più a certe sensazioni quando, per puro caso, mi imbatto in un blog, in un forum, in un'opinione affine >>. Un cameriere si intromise per sbarazzare il tavolo. << Diffido di quelli che troppo facilmente suonano le mie
stesse corde e quindi lascio cadere tanti argomenti. Il tempo è prezioso, non va speso con gli adulatori >>.
<< Presenti esclusi >>, precisai con un sorriso.
<< Certo >>, ricambiò lei. << Con te
è diverso, non ci sono fini secondari, bugie diplomatiche… Hai notato >>, riprese dopo qualche istante, << come a volte riceviamo ondate di parole su post insignificanti e poi ci capitino silenzi imbarazzanti su quelli a cui teniamo? >>.
<< Come no… >>, risposi. << Penso però che il valore di un post non si giudichi dal numero di commenti. Al contrario: quanto più il contenuto si avvicina a ciò che intimamente siamo, sentiamo, tanto meno trova riscontri. È un fatto fisiologico. Anzi, quando ne ricevo troppi mi chiedo in cosa ho sbagliato! >>.
<< Neppure io misuro i post in base ai commenti ricevuti. Nonostante conosca ormai il meccanismo, mi stupisco di quanto sia facile dire una stupidaggine e quanto, a volte, imbarazzante lasciare una traccia su un argomento serio. Eppure è proprio in questi casi che farebbe più piacere un cenno... >>.
<< Sai, resto convinto che la scrittura sia una buona forma di psicoterapia >>, dissi allora riprendendo un mio vecchio cavallo di battaglia. << Dà sollievo, sostegno... Non ci si deve attendere chissà quale risultato; però, volendo, se si ha la forza, consente di fare un minimo d’ordine nella propria esistenza. Internet ha senz’altro favorito la comunicazione di stati d'animo ed emozioni che, una volta, sarebbero rimasti chiusi per sempre in un cassetto; oppure inviati per lettera a un interlocutore che avrebbe letto solo a distanza di tempo >>.
Agnese si accese un’altra sigaretta, aspirò una boccata e poi continuò. << Di recente, ci sono cose che non riesco nemmeno più a mettere nel blog. Sono rospi troppo grossi per sputarli persino in un posto che voleva parlare solo dei miei grilli per la testa >>.
Con una mano scacciai le volute di fumo che mi si erano addensate davanti agli occhi. << Penso che il blog sia un luogo in cui sputare anche i rospi più grossi e molesti. Intanto, in questa maniera, ne prendiamo le distanze; e poi possiamo permetterci la libertà di farlo. Già siamo costretti a reprimere quotidianamente i sentimenti più autentici, non vedo il motivo per cui dovremmo censurarli sulla pagina scritta di cui siamo autori ed editori… Quid est veritas? Noi, naturalmente >>.
<< Hai ragione >>, confermò, << Infatti mi resta un desiderio così forte di farlo... E confesso che una certa malinconia la leggo spesso tra le righe dei tuoi post. Quella malinconia che scaturisce da una sensibilità più acuta, per intenderci >>.
Poggiai un gomito sul tavolo e con la punta delle dita sfregai meccanicamente il mento. << Malinconia… Non è facile vivere con l’irrequietezza che morde il cuore, che spinge lo sguardo ad allungarsi oltre le colline, con quel formicolio nelle gambe che vorrebbero andare chissà dove. Da qualche parte, ovunque… Come se quel senso… come dire… di completezza si trovasse sempre un poco più in là. Con il tormento di non riuscire mai a raggiungerlo, se non temporaneamente: appena un attimo, e poi via di nuovo ad annusare l’aria… >>.
<< Perdonami se mi permetto di scendere ad analizzare così sfacciatamente le cose che scrivi e se le affianco al mio sentire. Certe volte avverto una sorta di empatia che non so spiegare, anche se poi finisce che non commento nemmeno… È piacevole leggerti, in silenzio, senza aggiungere stupidaggini o retorica >>.
<< Non saprei spiegarla neppure io… >>, ammisi. << Nei tuoi brani ho colto, ad esempio, diversi elementi che mi somigliano. Pur senza riuscire a definirli con esattezza, come certe fotografie scattate da troppo vicino >>.
<< Le tue mail, invece, sono state un regalo più intimo. Mi hai raccontato cose che non eri certamente tenuto a dire a un'estranea alla terza volta che ci si scrive. Sarà empatia pure quella? >>.
Sorrisi: << Forse… non saprei neanche se empatia è il termine giusto. In ogni caso è un'impressione che segue la legge del tutto o nulla, qualcosa che si rivela immediatamente oppure mai. Mi meraviglio quando scatta tra persone che conducono vite differenti, che hanno avuto esperienze poco paragonabili. Ma tutto sommato non dovrei, perché la sensibilità individuale prescinde dai dati oggettivi di una biografia >>.
<< Sai >>, fece lei, << quella dell’empatia è una sensazione che ho sempre evitato di approfondire. Anche perché la nostra corrispondenza si prende pause troppo lunghe >>.
La rassicurai: << I rapporti epistolari nascono e si sviluppano in un tempo diverso rispetto a quello reale, possiamo gestirli come ci pare >>.
<< Certo. La colpa di queste pause è però tutta mia. Sto iniziando a domandarmi se non sia una forma di fuga inconscia >>.
Sì, pensai che lo fosse, in tutta evidenza. E non avrei fatto niente per impedirle di fuggire, se era ciò che preferiva.
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(1 – continua)