Se quel giorno non mi fossi lasciato imprigionare dal vortice delle sue provocazioni, se avessi saputo resistere alla tentazione di replicare usando gli stessi toni accesi, le avrei chiesto: << Sono davvero io la causa del tuo disagio attuale? Oppure è dovuto a una situazione irrisolta, che ha il potere di tenerti ancorata a un’esperienza che adesso si ripropone? >>. Forse lei avrebbe capito a cosa o a chi mi stavo riferendo, e allora si sarebbe difesa come un animale braccato. Magari, però, sarei riuscito a proseguire ugualmente il mio ragionamento. << Bisogna separare il presente dal passato, il qui e ora da ciò che è stato. Certi eventi che ti sono accaduti non possono continuare a succedere tutti i giorni e condizionare così la tua vita: devono trovare il loro posto nella memoria ed essere sistemati in modo funzionale. Bisogna lasciare il passato nel passato, perché è quella la sua collocazione. Altrimenti non te ne libererai più >>.
Invece le nostre voci concitate si spensero in fondo al giardino, e su di esse il tempo si richiuse.
(Fotografia scattata il 13 febbraio 2014)