Dopo un breve viaggio, la carrozza si ferma presso un viale alberato. << Il parco di Sceaux. Non è lontano da casa mia >>. Lei mi tocca la mano e fa un cenno: << Là in fondo si trova un castello del Diciannovesimo Secolo >>. L’aiuto a scendere e poi mi guardo intorno, stupito da tanta rigogliosa bellezza, desideroso di intraprendere una visita. << È un luogo piacevole, tranquillo >>, continua, << romantico, un po’ alla Victor Hugo. Certe volte diventa il mio rifugio… Non so se hai notato il sole >>.
<< C’è una luce bellissima, morbida… >>.
<< No, non è questo. Non ci sono ombre. Tu ti giri dove vuoi e… Guarda, il sole ti trova sempre. È come un gioco >>.
<< Hai ragione… Che strano >>.
Camminiamo con le braccia allacciate, immersi in una piacevole conversazione. Tutto in lei esprime una placida calma. La flessuosità del suo corpo produce una lentezza di movimenti e gesti frutto visibile di una sapienza antica.
<< Qui vengono spesso gli angeli >>, dice piano.
<< Forse >>.
<< Una schiera di angeli. È la mia tribù che mi veglia da lassù e che qualche volta viene a farmi visita in questo luogo >>.
<< Non è difficile immaginare che gli angeli scendano in volo da queste fontane >>.
<< Gli angeli non volano >>.
<< Non volano? >>.
<< No… Gli angeli camminano lentamente. Il tuo come si chiama? >>.
<< Il mio angelo? Non me l’ha mai detto… >>.
Guardo il suo sorriso, tra l’ironico e il doloroso. Così slavo, penso, e così pieno di oggetti imprevedibili: acquari, tatami, edera, piante di bambù, scale a chiocciola, lampade a petrolio, uno scrigno di velluto blu foderato all’interno di seta rossa.
<< E il tuo come si chiama? >>, le domando incuriosito.
<< Io… io ho molti angeli. Un angelo per ogni giorno, per ogni pensiero, azione... >>.
<< Bello... >>.
<< Un esercito di angeli >>.
<< Angeli, arcangeli, cherubini, serafini... >>.
<< Anche se non fosse vero, sarebbe comunque una bella trovata, no? >>.
<< Sei una poetessa, lo dico sempre >>.
<< No, io sono… Non so… Eccetera eccetera. Ecco, io sono eccetera eccetera >>.
I giardini digradano dolcemente tra gli arbusti potati da mani sapienti e i verdissimi prati, seguendo il corso dei canali d’acqua. I nostri passi, mossi dal medesimo istinto, si rallentano vicendevolmente lungo il sentiero.
<< Se potessi >>, riprende, << ora vorrei volare in uno dei luoghi della terra che mi hai raccontato. Gerico, Tiberiade, Qumran... Ma, vedi?, non ho che un’ala. Come potrei fare… >>.
<< Se gli angeli vanno a piedi come dici, la Palestina è piuttosto lontana >>.
<< Gli angeli camminano lentamente e io non ho che una sola ala. Sono un angelo con un’ala sola, mio piccolo pesce... >>.
<< Puoi ugualmente provare a volare. Io ti sosterrò >>.
<< No, un angelo come me non vola. Può solo camminare lentamente >>.
<< D’altra parte lo dicevi: gli angeli camminano >>.
<< Di certo alcuni sì. Però hanno molta immaginazione. Prova a voltarti >>.
Alle mie spalle è comparso un unicorno con il pelame blu e nero. Ha l’aria mansueta e mi osserva immobile, scuotendo la spessa criniera leonina. Intorno volteggiano tre lucciole.
(Grazie a Luminița per le parole, le ali e l’unicorno)