Un giudizio immediato su Mia madre?... Sul piano emotivo-affettivo, la storia messa in scena ha una ricaduta personale, che riguarda le esperienze, le angosce, le rappresentazioni mentali di ciascuno. Non entro nel dettaglio. Sul piano… come dire… cognitivo, il film mi ha lasciato perplesso, ma è una perplessità che ho da sempre per l’intera produzione di Nanni. Mi riferisco al suo narcisismo. Dopo la stanza del figlio, ci impone di guardare ora nel buco della serratura della stanza della madre. D’accordo che il cinefilo è un voyeur, però la visione troppo ravvicinata - sino al dettaglio - non solo del dolore privato ma persino degli oggetti reali finisce per imbarazzare lo spettatore. Se in Caro diario l’esibizione di sé era pienamente giustificata, come in Aprile anche per Mia madre Moretti non sa superare una visione autoreferenziale dell’esistenza. Pur con l’intenzione di descrivere eventi in qualche misura appartenenti a ognuno di noi, è incapace di staccarsi dal proprio Io e assumere un punto di vista “altro”. Limite molto grave per un artista. Ben diverso, per fare un esempio, l’approccio di Haneke in Amour, capace di narrare la malattia con grande lucidità, in modo disturbante ma senza alcun compiacimento, giungendo a un risultato drammaturgicamente più efficace.
(18 aprile 2015, ore 23,50, via Messenger)
Mia madre, di Nanni Moretti, con Nanni Moretti, Margherita Buy, John Turturro, Giulia Lazzarini (Ita/Fra/Ger, 2015, 106’). Visto al Cinema Fratelli Marx di Torino.