Lavorare con lentezza ripercorre i momenti salienti della vicenda di Radio Alice, la prima radio libera in Italia, la prima emittente a mandare in onda le telefonate in diretta, senza censure, dando voce a chi mai l’aveva avuta. Si racconta la rapida curva di formazione di due ragazzi che vivono in un quartiere malfamato nella Bologna del 1976, una storia privata colta in un momento cruciale della storia italiana. Due protagonisti in sedicesimo in mezzo a tante facce che il film ci riversa negli occhi, non in fila ma per apposizione. Si succedono la lotta di classe, la controcultura, la libertà sessuale, il femminismo, la rabbia, la creatività, la voglia di cambiamento che stenta a prendere una direzione. E poi gli operai, il lavoro e lo sfruttamento, i collettivi studenteschi, la volontà di uscire dalla logica del profitto, l’illusione di poter cambiare il mondo – almeno il piccolo mondo antico italico. Fino alla morte di Francesco Lorusso, ai violenti scontri che ne conseguono, all’irruzione della polizia – trasmessa in diretta – nella sede di Radio Alice. Fino a quando la P38 diventa l'onorata compagna e la Renault 4 "una macchina troppo stretta anche per morire". Fino a quel giorno d’agosto del 1980 in cui la stazione di Bologna viene sventrata, come fosse lo stomaco dell’Italia.
Il paragone con Radiofreccia e I cento passi si impone. Guido Chiesa descrive con esattezza filologica gli anni ’70: i colori sono quelli (la fotografia li richiama bene), quelli sono i suoni (a parte il fatto che furoreggiavano Clash e Sex Pistols), quelle le facce, le barbe, i capelli lunghi, i volti emaciati, l’abbigliamento, i discorsi. E così la pubblicità dello Jägermeister, la 131 Millesei (l’ammiraglia della Fiat), i palazzoni fatiscenti delle periferie, le scritte sui muri, i cubetti di porfido divelti.
Vero: Lavorare con lentezza pare a tratti un bugiardino storico-politico. Nel 1976 Chiesa era studente in un liceo di Chieri (cittadina sulla collina torinese) e per realizzare il film ha attinto in larga misura da documentazioni e testimonianze altrui. Manca perciò quel senso di “vissuto” necessario quando si operano ricostruzioni del passato, tuttavia non si sente l’odore fastidioso della retorica. I personaggi non sono dipinti come macchiette ma rappresentano i “tipi” che frequentavano le piazze e i bar di quegli anni. I due protagonisti, interpretati da Marco Luisi e Tommaso Ramenghi, sono davvero bravi. Qualche appunto si può fare su Claudia Pandolfi, che come avvocato appare scarsamente credibile. Verosimile invece la figura dell’appuntato calabrese (Max Mazzotta), il quale rappresenta il dissenso che stava emergendo nelle forze dell’ordine. A lui tocca l'emblematica frase finale: << Qui Radio Alice, sono Antonio e vi volevo dire che anche i carabinieri devono lavorare di meno… >>.
(Pubblicato su Blu Agorà Caffè il 12 ottobre 2004)
Lavorare con lentezza, di Guido Chiesa, con Marco Luisi, Tommaso Ramenghi, Valerio Mastandrea, Claudia Pandolfi (Italia, 2004, 111'). Martedì 30 giugno, ore 15,10, Iris.
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