Agnes è sdraiata sulla schiena e nella sua mente scorrono immagini: è tornato a trovarli quell’uomo strano e cortese che sa tutto di loro e nello stesso tempo non ha idea di che cosa sia la torre Eiffel. Agnes darebbe chissà che per potergli parlare a quattr’occhi, ma lui ha scelto apposta il momento in cui sono in casa tutti e due. Agnes tenta invano di escogitare una scusa per mandar via Paul. Tutti e tre sono seduti in poltrona intorno a un tavolino basso e a tre tazze di caffè e Paul si sforza di intrattenere l’ospite. Agnes aspetta solo che l’ospite inizi a parlare della ragione della sua visita. Perché lei la conosce. Ma solo lei. Paul no. Finalmente l’ospite interrompe le chiacchiere di Paul e viene al dunque: << Immagino che sappiate da dove vengo >>.
<< Sì >> dice Agnes. Sa che l’ospite viene da un altro pianeta molto lontano, che occupa una posizione molto importante nell’universo. E subito aggiunge con un timido sorriso: << È meglio, là? >>.
L’ospite alza appena le spalle: << Agnes, lei lo sa bene dove vive >>.
Agnes dice: << Può darsi che la morte debba essere. Ma perché non si è potuto inventarla in un modo diverso? Perché è necessario che dopo l’uomo resti il corpo, che deve essere sepolto nella terra o gettato nel fuoco? Tutto ciò è davvero un orrore! >>.
<< È ben noto che la terra è un orrore >> dice l’ospite.
<< E un’altra cosa >> dice Agnes. << Le sembrerà una domanda stupida, ma quelli che vivono là da voi hanno un volto? >>.
<< No. Il volto non esiste che qui da voi >>.
<< E allora, in che modo quelli che vivono da voi si distinguono l’uno dall’altro? >>.
<< Ognuno là è la propria opera. Ognuno, per così dire, inventa se stesso. Ma è difficile spiegarlo. Non può capire. Lo capirà un giorno. Infatti sono venuto proprio per dirle che nella prossima vita non tornerà più sulla Terra >>.
Agnes naturalmente sapeva già che cosa avrebbe detto l’ospite e non poteva essere sorpresa. Invece Paul era rimasto di stucco. Guardava l’ospite, guardava Agnes e lei non poté far altro che dire: << E Paul? >>.
<< Neanche Paul resterà qui >> disse l’uomo. << Sono venuto ad annunciarvelo. Lo annunciamo sempre alle persone che abbiamo scelto. Voglio soltanto domandarvi: nella prossima vita volete restare insieme o non volete più incontrarvi? >>.
Agnes sapeva che sarebbe giunta questa domanda. Era questo il motivo per cui voleva restare sola con l’ospite. Sapeva che in presenza di Paul non era capace di dire: << Non voglio stare più con lui >>. Non può dirlo davanti a lui e lui non può dirlo davanti a lei, benché sia probabile che anche lui preferisca vivere diversamente la propria vita e quindi senza di lei. Ma dire ad alta voce, uno davanti all’altro: << Noi non vogliamo più stare insieme nella prossima vita, noi non vogliamo più incontrarci >> sarebbe come dire: fra noi non è mai esistito e non esiste nessun amore >>. E questo è davvero impossibile pronunciarlo ad alta voce, perché tutta la loro vita in comune (vent’anni ormai di vita in comune) è fondata sull’illusione dell’amore, illusione che entrambi coltivano e custodiscono premurosamente. E così, ogni volta che dentro di sé immagina questa scena e arriva alla domanda dell’ospite, sa che dovrà capitolare e che contro le sue aspirazioni, contro il suo desiderio, dirà: << Sì, certo. Voglio che stiamo insieme anche nella prossima vita >>.
Ma oggi, per la prima volta, era sicura che anche in presenza di Paul avrebbe trovato il coraggio di dire quello che voleva, quello che davvero voleva in fondo all’animo; era sicura che avrebbe trovato quel coraggio anche a costo di far crollare tutto tra loro. Accanto a lei sentiva un respiro profondo, Paul ormai dormiva. Come se avesse di nuovo inserito nel proiettore il nastro dello stesso film, fece scorrere ancora una volta davanti agli occhi l’intera scena: sta parlando con l’ospite, Paul li guarda stupefatto, e poi l’ospite dice: << Nella prossima vita volete restare insieme o non volete più incontrarvi? >>.
(È curioso: anche se ha tutte informazioni su di loro, la psicologia terrestre gli è incomprensibile, il concetto di amore sconosciuto, sicché non intuisce in quale difficile situazione li metta con una domanda così franca, pratica e formulata con le migliori intenzioni).
Agnes raccoglie tutta la forza interiore e risponde con voce ferma: << Preferiamo non incontrarci più >>.
Queste parole sono come una porta sbattuta sull’illusione dell’amore.
(Milan Kundera, L’immortalità, pagg. 54-56, Adelphi, 1990)