Di Luigi Tenco mi ha sempre affascinato la parabola umana, più che quella artistica. Nel senso che quest'ultima non ne era che un riflesso. Aveva una personalità complessa, sensibile, tormentata, irrisolta, che si manifestava con lucida chiarezza nelle sue canzoni.
Le sue inquietudini esistenziali sono anche le nostre. Non è soltanto per questo motivo, tuttavia, che ci appare contemporaneo. È perché ha saputo introdurre nella forma-canzone un linguaggio diretto, quotidiano, legato a situazioni concrete, a sentimenti vissuti. Qualcuno ha colto analogie tra la sua poetica quella di Saba o di Montale, altri l'hanno avvicinato a Pavese.
Cantando l'amore, il sesso e la morte, Tenco usava le parole e le note come strumento per acquisire una consapevolezza più autentica seppure, inevitabilmente, venata di un dolore senza rimedio.
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