Raccontami una storia… Questa è la prima richiesta che facciamo da bambini. Dopo aver nutrito a sufficienza il corpo, tocca alla mente, al cuore. Una storia che ci accompagni la sera nel mondo dei sogni – la via maestra per arrivare all’Inconscio, se ciò significa qualcosa.
Ogni cosa è narrazione, cioè può essere narrata. Tutto è riconducibile ad un racconto, anche quel che non sembra tale: la lista della spesa (che descrive uno stile di vita), una sequela di sintomi (che comunicano un disagio concreto), lo svolgimento di un’equazione (se non altro la triste vicenda di chi tenta di risolverla). Persino l’indicibile, il non detto, fa storia a sé. Tutto deve essere narrato e rielaborato per produrre consapevolezza.
È necessario naturalmente che la storia sia raccontata con stile. Bisogna essere dei bravi affabulatori – che sappiano evocare attraverso essa i nostri fantasmi –, ma anche dei buoni ascoltatori – tenere aperti il cuore e la mente alle parole per ritrovarne il senso intimo. Solo così una storia diventa bella, cioè fa vibrare le corde delle emozioni. Può essere romantica, divertente, oppure inquietante, persino violenta: l’essenziale è che sappia commuovere, ovvero mettere in movimento e produrre un cambiamento. Che ci dica qualcosa di noi, che (non) sapevamo. Ciò che eravamo, siamo, persino saremo. O che (purtroppo, per fortuna) non eravamo, non siamo e non saremo mai.
(Fotografia scattata ad Alassio, aprile 2017)
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