La sento la voce di Tatiana, si leva alta dalla finestra aperta della sua abitazione e si diffonde nella via deserta. "Concedimi un quarto d'ora del tuo tempo! Un quarto d'ora di merda!", ripete ossessivamente. È un urlo strozzato che le si incrina più volte nella gola, fin sul punto di lacerarsi nel pianto. Quella richiesta d'attenzione così angosciata, così intrisa di dolore e solitudine, svela impudica una condizione di sconsolata impotenza. Suo marito replica appena, borbottando qualche frase incomprensibile: me lo figuro come un muro su cui la disperazione rimbalza senza lasciar traccia.
Le mie mani abbandonano la presa della ringhiera e, volgendo lo sguardo altrove, cerco un angolo più discreto del mio terrazzo. Lo conosco quel tono di voce, lo conosco fin troppo bene.