Con gesto lento e studiato lei estrae dalla borsa una rivoltella. Una lama di luce ne illumina la canna, lasciando il suo volto nel buio. Perché mi vuoi sparare? – la mia voce angosciata risuona nel silenzio ovattato di quella che potrebbe essere una cantina. Così non sentirò più la tua mancanza – risponde lei, con il tono di chi ha emesso una sentenza. Si avvicina, appoggia l’arma alla fronte, percepisco il contatto del metallo freddo sulla pelle, e poi fa fuoco.
Il colpo secco mi ridesta di soprassalto. Respiro affannosamente, il cuore batte a mille. Terribile, sembrava tutto vero. Per istinto mi tocco la fronte. C’è un buco. Sconcertato, infilo un dito: è ancora caldo e fumante, sa di tabacco.
Stavolta mi sveglio davvero.